I fotografi sono una particolare categoria di persone particolarmente sensibili al tema della nitidezza. Sfortunatamente, per molti raggiungere l’obiettivo della nitidezza “assoluta” diventa un’attività che assorbe quasi più tempo di quello che viene dedicato allo scattare fotografie interessanti e di un certo valore artistico o documentaristico. Visto che il concetto di nitidezza è però un mezzo, e non certo un fine di per sé, è bene iniziare a sviscerarne il vero significato nel mondo della fotografia.

Iniziamo con il dire che la nitidezza è il risultato dell’unione di due valori indipendenti, la risoluzione e l’acutanza (ossia la “nitidezza dei bordi e dei confini degli elementi che compogno una immagine, in pratica la capacità di un apparecchio fotografico di identificare e definire il limite di separazione tra due aree contigue che abbiamo diversa luminosità e/o colore). In parole povere l’acutanza è la definizione dei bordo degli elementi ritratti una foto. Vediamo ora se saremo in grado di spiegare questi due concetti e illustrare il ruolo che ognuno dei due ricopre all’interno della nostra percezione di nitido.

Quello che ottieni in foto non è necessariamente quello che hai visto

L’unità di misura tradizionale della nitidezza di un’immagine è determinata dal numero di “coppie di linee per millimetro” visibili, unità di misura la cui abbreviazione è lp/mm. In parle povere, è la capacità dell’occhio umano di discernere il numero di coppie di linee adeugatamente contrastate che si trovano nello spazio di un millimetro.

Potreste aver letto da qualche parte che esistono pellicole in bianco e nero ad altissima risoluzione che possono superare i 150 lp/mm. È un valore davvero impressionante, così come sono impressionanti alcuni obiettivi particolarmente avanzati che possono arrivare fino a oltre 100 lp/mm. Ma siete anche coscienti del fatto che le stampanti a colori migliori che si possono trovare sul mercato possono riprodurre poco più di 75 lp/mm? E anche che l’occhio umano non puó superare i 5 o 10 lp/mm nelle condizioni più ottimali? Vi diciamo questo perchè molte persone si concentrano eccessivamente sull’aspetto teorico della forografia, tentando di arrivare a valori astrofisici di lp/mm, senza tenere conto di quello che possono poi realmente percepire con i propri occhi.

Pensate solo a tutte le variabili che possono intervenire tra la scena originale che si trova di fronte al vostro obiettivo e una stampa appesa al muro di casa. Ci sono infatti tantissimi fattori che possono contribuire a presevrare, aumentare o peggiorare la nitidezza della stampa.

Ad esempio, nella pellicola entravano in gioco tutti questi fattori, e altri ancora non citati:

  • capacità di risoluzione del vostro obiettivo
  • capacità di risoluzione della pellicola
  • macchina fotografica stessa o l’eventuale movimento del soggetto da fotografare
  • apertura del diaframma utilizzato al momento dello scatto e di conseguenza la profondità di campo ottenuta
  • planarità della pellicola: il premi pellicola che ha il compito di mantenerla perfettamente planare rispetto al dorso stava facendo correttamente il suo lavoro?
  • spessore della pellicola: tutti gli strati della pellicola a colori servono a portare l’immagine a fuoco
  • grana della pellicola: a volte la grana fa sembrare l’immagine più nitida, a volte al contrario la fa sembrare, appunto, sgranata
  • parallelismi di ingrandimento: molti non lo sono e la nitidezza ne risente
  • qualità degli obiettivi di ingrandimento e apertura del diaframma utilizzata
  • risoluzione della carta fotografica utilizzata per realizzare la stampa 

Ovviamente anche i processi di post produzione digitale hanno le loro criticità, ad esempio:

  • planarità della pellicola e del sistema di trascinamento dello scanner
  • risoluzione originale del sensore dello scanner e peculiarità del suo firmware
  • livello di nitidezza applicato in post produzione
  • risoluzione orignale della stampante
  • risoluzione della carta fotografica utilizzata per realizzare la stampa 

Con molte macchine fotografiche digitali si incontrano gli stessi problemi delle macchine fotografiche analogiche e delle operazioni di lavorazione digitale dell’immagine. Nonostante tutte queste avversità, c’è da dire che nella maggior parte dei casi alla fin fine ci ritroviamo tra le mani delle stampe belle nitide che siamo orgogliosi di mostrare agli amici e di appendere in casa.

Risoluzione e acutanza

La risoluzione è il più conosciuto tra i due fattori che, come abbiamo visto, contribuiscono alla nitidezza di un’immagine. Abbiamo già trattato l’argomento della risoluzione e di quanta “ne serve” per avere qualità di stampa in base alla destinazione della nostra immagine. Si può iniziare con 100 lp/mm (anche se solitamente non si superano i 50 lp/mm) ma lungo la strada si perde molto e alla fine ci si ritroverà con una decina di lp/mm e la stampa sará comunque bella nitida; anche una stampa a 5 lp/mm può per molti essere considerata nitida. Per essere scientifici, bisognerebbe avere una risoluzione un po’ superiore, diciamo intorno ai 30 lp/mm su un’immagine a basso contrasto per via degli effetti dell’acutanza.

L’acutanza è la componente più incompresa della nitidezza. Non si tratta di risoluzione del dettaglio ma della definizione che si ha nella transizione tra i bordi, ad esempio quando un bordo cambia da un livello di luminosità a un altro. Questo è quello a cui ci riferiamo quando parliamo di “sharpening”. Le immagini scannerizzate e le fotografie digitali spesso riducono l’acutanza di una immagine e quindi solitamente ci troviamo a dover applicare un processo chiamato Maschera di contrasto (vedi la nostra guida specifica), in inglese unsharp mask, che serve appunto per incrementare la nitidezza dei bordi riportandola il più possibile vicino ai suoi valori originali. Sfortunatamente, c’è ancora chi confonde i due concetti ma d’altronde ci rendiamo conto che non sono così semplici da digerire e da interiorizzare, soprattutto per chi si avvicina per la prima volta al mondo della fotografia.

Teoria e pratica

La prima cosa da tenere a a mente è che una macchina fotografica 35 mm, o anche medio formato, avrà le sue belle difficoltà a produrre la risoluzione richiesta per creare un’immagine con la nitidezza “ideale”. Solo le 4×5” o i formati più grandi sono veramente capaci di offrire un’immagine che, una volta sampata, abbia la nitidezza ritenuta “ideale”. Assumendo che circa 25 lp/mm sono quello che serve per un’acutanza mediamente buona, con la presenza di tanti dettagli ben definiti, in teoria dovreste avere un’immagine da 200 lp/mm su pellicola per rendere possibile questo. (L’equivalente di un ingrandimento di 8x, o di una stampa da 20 x 30 cm). Purtroppo ancora non esistono combinazioni obiettivo/pellicola in grado di offrire questo risultato.

Grana

La nostra percezione della nitidezza dipende in gran parte dalla quantità di dettagli contenuti nell’immagine. Molto di frequente, un’immagine con una grana moderatamente grossa ma nitida (o con un rumore digitale “secco”) possono dare un risultato altrettanto nitido o addirittura più nitido di quello di un’immagine a grana fine. Questo è il motivo per cui gli sviluppi di pellicole ad alta acutanza, come Rodinal, sono stati assai apprezzati in passato da vari fotografi. La loro particolarità era quella di dare vita a una grana in qualche modo più grossa rispetto al normale, ma con un’acutanza maggiore, quindi in grado di creare un’immagine all’apparenza più nitida. Contrariamente, un’immagine con una grana morbida e molto fine risulterà drasticamente meno nitida rispetto a quella stessa immagine con grana normale.

È interessante notare come le immagini assolutamente prive di grana possano apparire addirittura meno nitide di quello che ci saremmo aspettati guardando i valori della risoluzione. È il caso delle vecchie pelicole Panatomic-X e Tech-Pan che sono talmente prive di grana da apparire meno nitide se l’immagine non contiene un gran numero di dettagli. Lo stesso accade nel mondo della fotografia digitale: le Canon a ISO 100 sono talmente prive di rumore (ossia l’equivalente digitale della grana) che in determinati casi offre risultati meno nitidi di uno scatto eseguito a ISO 400 con la stessa macchina fotografica.

Stampe con stampanti a getto d’inchiostro

Esistono persone a questo mondo cui non è mai capitato di trovarsi per le mani una stampa di buona qualità realizzata con una stampante a getto d’inchiostro e quindi pensano che queste stampanti non possano offrire risultati equiparabili con le tradizionali stampe chimiche, almeno in termini di nitidezza. Prendiamo ad esempio una stampante a getto d’inchiostro a 6 colori e a 1440 dpi (come le Epson): quando le viene richiesto di stampare un file con una risoluzione in uscita di 360 DPI riesce a imprimere fino a 16 pixel al millimetro. Questo si traduce in 8 lp/mm, ossia uno dei valori migliori per permettere all’occhio umano di percepire la massima nitidezza.

Questo spiega anche perchè le stampanti di ultima generazione che dichiarano di stampare a 2880 DPI (come la Epson 1280/1290) non stampano immagini più nitide rispetto alle 1440 DPI, almeno per quel che si può vedere a occhio nudo. Qualche differenza la si può notare osservando attentamente la stampa con l’aiuto di una lente di ingrandimento, ma ad occhio nudo il risultato non mostra differenze. Questo accade perchè a 8 lp/mm siamo praticamente al limite delle capacità dell’occhio umano di discernere i dettagli. Tutto quello che otteniamo con una stampante che garantisce più DPI è solo un ritmo di stampa più lento e un utilizzo molto maggiore della cartuccia.

Ingrandimento: quando più grande è più bello

Il problema della nitidezza dovrebbe essere affrontato invece quando ci troviamo in un contesto di ingrandimento e di distanza di visione. Se guardiamo un’affissione posta sul lato della strada opposto rispetto a quello in cui ci troviamo, l’immagine, qualsiasi sia il soggetto, ci sembrerà abbastanza nitida fin nei minimi dettagli. Ma se attraversiamo la strada e ci arrampichiamo su un’impalcatura per vedere da vicino il manifesto ci renderemo conto che tutti quei bei dettagli che vedevamo da lontano altro non sono che pallini della dimenzione di una pallina da golf. Da così vicino probabilmente non saremo neanche in grado di capire che immagine c’è stampata sopra, ma saremo solo confusi da un ammasso informe di sfere colorate.

Questo esempio, che è comunque un test che vi consiglio di fare, serve a farvi comprendere come mai i medi e grandi formati spesso appaiono più nitidi delle stampe realizzate con una 35 mm, anche se gli obiettivi di una 35 mm possono avere anche il doppio della risoluzione rispetto agli altri. Il segreto è che, semplicemente, non hanno bisogno di essere ingranditi così tanto. Per realizzare una stampa di 20 x 30 cm, una diapositiva realizzata con una 35 mm deve essere ingrandita di circa 8x; una scattata con una 6×6 solo di 3x. Se le stampe rimangono piccole allora il problema non si pone. Oltre i 20 x 30 cm di formato di stampa anche il miglior scatto realizzato con una 35 mm inizia a perdere di qualità, mentre un’immagine di 6×6 può arrivare tranquillamente fino a 40 x 60 cm.

Categories: Tecnica

1 Comment

Alfedo Parisi · 2 Novembre 2010 at 11:46

In merito al Suo interessaante articolo sulla nitidezza, rilevo, tuttavia, che fa esclusivo riferimento alla pellicola.
Nel digitale vi sono aspetti particolari dovuti alla struttura del sensore.
In una reflex APS con sensore di circa 24 x 18 mm e con 3000 x 2000 pixel ogni pixel sul sensore ha una dimensione di 0,0078 mm. Richiede, pertanto un’ottica con circolo di confusione di 0,016 mm.
E’ evidente che se un sensore di analoghe dimensioni dispone di 10 o 12 Mpixel il singolo pixel sarà più piccolo e, pertanto, dovrebbe fruire di un ottica caratterizzata da un minor circolo di confusione.
In realtà , ad esempio, la Nikon D40 (6Mpixel) e la D40 X (10 megapixel) ed altre ancora montano lo stesso obiettivo 18 -55 in dotazione della D40.
Questo fatto non crea problemi di nitidezza ?
Le sarei grato per un chiarimento in merito.
Credo che una trattazione del problema nel Suo sito sarebbe assai utile, consderato il dilgare del digitale
Grazie per la cortese attenzione
Alfredo Parisi

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