Aldo Giarelli

La fotografia secondo Aldo Giarelli

D. Quando e come ha scoperto la fotografia?

R. Il mio babbo era un fotografo amatore ed io un adolescente ribelle, per cui finché non ho esaurito a 20 anni la mia ribellione (discretamente modesta e alquanto nerd), non ho preso in considerazione il potermi ispirare a mio padre per una passione. Anche perché l’altra scelta era la collezione di francobolli. In fondo con la fotografia mi è andata bene, no?

D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte:

R. Da bambino passavo ore a guardare le diapositive con mamma e papà. In realtà mi divertiva più fare le ombre cinesi davanti al proiettore, per cui non posso scrivere nella mia biografia che sin dalla tenera età, capii che la fotografia sarebbe stata la mia strada. A 20 anni feci il mio primo corso di fotografia, da solo e per nulla convinto che sarebbe durata più di quanto durò la passione per il tennis, l’intaglio del legno e le incursioni notturne alle case stregate, per fare il cacciatore di fantasmi.

D. Ricorda la sua prima foto?

R. Ehm, no. Ma ricordo la prima foto che mi piacque. Era un ritratto di mia cugina intorno al 1995. C’era qualcosa nel suo sguardo che mi colpì e forse iniziai ad annusare il potere comunicativo della fotografia. In ogni caso, quella foto non piacque a nessuno (tutt’ora insisto che secondo me è bella!), soprattutto per l’uso scellerato che facevo nei mille tentativi coi filtri della Cokin. Roba da pena di morte.

D. Quale è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?

R. Ho iniziato con un corso base e per qualche anno ho speso una fortuna in pellicole e sviluppi. Credo di aver fatto quasi tutti gli errori che fotograficamente si possono fare, ecco perché nei miei corsi cerco di agevolare il cammino a chi vuole sperimentare: esistono passi che non sono affatto obbligati, un po’ come per imparare a guidare bene, non è necessario schiantarsi contro ogni lampione. Per una decina d’anni ho inventato schemi di luce e fatto fotografie dal dubbio gusto. Intorno ai 30 anni ho ricominciato a seguire workshop e ad affinare il mio stile personale.

D. E quali le sue tappe più significative?

R. La tappa più significativa di questi ultimi anni è stata quando ho partecipato con tutta la mia insicurezza ad un workshop discretamente avanzato di ritratto e quando è finito, in auto mi dicevo “Bello ma… tutto qui? Possibile che tutto quello che è stato detto abbia lasciato tutti a bocca aperta e a me non abbia suscitato il minimo stupore?”. In quel momento ho capito che potevo farcela con le mie gambette.

D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?

R. La possibilità di raccontare storie. Se fossi vissuto nel medioevo sarei un cantastorie. Ma pettinato meglio.

D. E pratici?

R. Alcuni dei miei allievi e dei clienti più soddisfatti mi hanno regalato sugo fatto in casa, dolci, torte. Esistono modi migliori di finire una giornata di lavoro?

D. Fotografa per lavoro o per diletto?

R. La fotografia mi dà da vivere, ma io fotografo perché ci sono dei momenti in cui sento proprio l’urgenza di comporre immagini. Mi piace pensare che se non avessi mai incontrato la fotografia sarei esattamente lo stesso, ma manchevole di qualcosa, senza poterlo dire a parole. Come quando vivi una giornata bellissima, è primavera, sei innamorato, la vita ti sorride e al semaforo sotto casa ti prende il magone e non sai perché: ecco, qualcosa così.

fotografo Aldo Giarelli

Maestri e grandi fotografi per Aldo Giarelli

D. C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?

R. Non ho incontrato, sfortunatamente, dei maestri che si siano presi cura della mia crescita. Son sempre stato curioso e sfacciato, questo mi ha portato a confrontarmi con varie realtà fotografiche, anche quando francamente non potevo permettermelo.

D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?

R. La fotografia sta nella testa di chi fotografa. La migliore testa che ho potuto imitare è stata quella di mio padre. Quindi è l’unico modello a cui mi attengo. Tranne per il suo gusto nei cibi, lì è un po’ un disastro, ma lo perdono…

D. Per lo stile, ha fatto riferimento a quale grande fotografo mondiale?

R. Ogni anno cambio modelli di riferimento. Per i matrimoni sono innamorato alla follia di Jasmine Star, per il fashion di Joel Grimes. Tutta gente mica tanto a posto …

D. Chi sono i “grandi” di ogni epoca che ammira di più?

R. Rimango sul classico: Diane Arbus, Annie Leibovitz, Francesca Woodman. Ho sempre avuto il sospetto che le donne avessero una marcia in più, fotograficamente parlando. Ma non diciamolo in giro, eh…

D. Il preferito in assoluto?

R. Apprezzo il coraggio di Francesca Woodman nel raccontare così ostinatamente la sua anima.

fotografo Aldo Giarelli

Gli scatti di Aldo Giarelli

D. Cosa le piace fotografare?

R. Le persone.

D. Qual è il suo soggetto preferito?

R. Quello che mi dice che non è fotogenico e non verrà mai bene in foto! C’è tanta anima da raccontare dietro quelle parole!

D. E il genere?

R. Ritratto e self-portrait.

D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura:

R. E’ il migliore strumento che un fotografo ha per raccontare bugie. Inserire o togliere elementi fa percepire a chi guarda le foto una realtà che non è detto che esista per davvero.

D. Che tipo di luci preferisce?

R. Flash, continue, ambiente. La luce per un fotografo non è mai abbastanza.

D. Quale nuovo genere di fotografia vorrebbe esplorare?

R. L’anno scorso volevo esplorare la fashion photography e adesso sto lavorando nella moda. Non mi dispiacerebbe curiosare nello still life: l’utilizzo ponderato della luce, dei riflessi, delle texture, potrebbe appagare il mio lato ossessivo-compulsivo.

D. Usa tecniche fotografiche speciali, come il macro?

R. Mi diverte molto il tilt-shift, ma lo trovo molto “modaiolo” e non parte di una fotografia longeva.

D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se si, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.

R. Utilizzo il bianco e nero coi filtri RGB proprio come si faceva in fase di scatto e camera oscura ai tempi della pellicola. Ovviamente, scattando in RAW, lo scatto di origine è a colori e la conversione avviene dopo.

Aldo Giarelli e il fotoritocco

D. La sua opinione sul fotoritocco:

R. Utilizzo il fotoritocco esattamente facendo tutto quello che si poteva fare in camera oscura. Mi è capitato di fare del fotoritocco “spinto”, alterando proporzioni o modificando sostanzialmente un ritratto, ma solo su indicazione della committenza.

D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici al fotoritocco?

R. Credo che i limiti etici siano relativi alla fotografia di reportage che ha il dovere di informare. La celebre foto di Obama e Sarah Palin che guardano il disastro ecologico nel Golfo del Messico del 2010, in cui Obama viene rimosso con Photoshop per avvalorare la campagna elettorale della Palin…beh, quello non è etico.

D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?

R. Certo, è un crimine non farlo. Più che migliorare, direi enfatizzare. Spesso piccoli ritocchi regalano alla foto un aspetto più gradevole ed equilibrato.

D. E per rimuovere elementi di disturbo?

R. Non lo faccio perché son pigro e preferisco piuttosto spostare inquadratura in fase di scatto. Se fotografo un paesaggio e tolgo un traliccio per dare maggiore armonia, perché no. La diatriba sulla fotografia come sinonimo di verità è infinita ed io, come già detto, son troppo pigro per affrontarla. Per me si può anche fotografare piazza San Pietro e rimuovere il Cupolone, con la consapevolezza che si sta fornendo un’immagine e non più una foto.

D. E aggiungere elementi, cieli oppure oggetti?

R. Esistono lavori fatti solo di elementi diversi uniti sapientemente insieme fino a formare un’immagine più che plausibile. Non ho pregiudizi se la fruizione è piacevole alla vista. Per me bisognerebbe istituire la Corte Marziale solo per gli autoritratti fatti col cellulare allo specchio in bagno. In fondo ho un brutto carattere…

D. Che software usa per il fotoritocco?

R. Lightroom e Photoshop

D. Che tipo di interventi fa di solito?

R. Correzione del colore, un check-up della gamma tonale, contrasto, regolazioni locali, fotoritocco di persona se è il caso, conversione in b/n, viraggi se è il caso.

fotografo Aldo Giarelli

Aldo Giarelli: RAW, JPG e TIF

D. In che formato scatta di solito?

R. Raw

D. Se scatta in RAW, che software usa per aprirle i file?

R. Lightroom

D. Ha mai provato con LightRoom? Se sì, cosa ne pensa?

R. Lo conosco abbastanza bene ed in effetti ha algoritmi davvero potenti sul file raw.

Informazione

D.  Legge riviste di fotografia? Se sì, quali?

R. Sono abbonato a Zoom, che mi permette ogni bimestre di piangere amaramente su foto spettacolari. Pago per mortificarmi, fantastico no?

D. Consulta siti web di fotografia?

R. Per lo più blog fotografici. Il brand più importante è la persona che c’è dietro il lavoro. Leggo recensioni di attrezzatura solo se sono intenzionato a comprare o quando qualche allievo mi chiede consiglio su un corpo macchina o obiettivo.

D. Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?

R. Sì, ma non sono fedele (solo in questo caso, eh…).

D. Se sì, quali sono quelli che consulta e cosa le offrono?

R. Leggo il blog di Jasmine Star. E’ bella, brava e pubblica le sue foto mentre mangia ali di pollo fritte. Ah, è fuori come un balcone.

D. Partecipa a workshop o seminari?

R. Alcuni webinar online.

D. Cosa pensa dei workshop?

R. Detesto i workshop in cui viene presa una modella bellissima, si utilizza un octabox di 2 metri e tutti scattano come giapponesi impazziti. Questi workshop fanno guadagnare il fotografo, non fanno imparare nulla agli allievi. In un workshop si deve insegnare la cultura alla fotografia, tutt’altro paio di maniche. Poi se l’obiettivo è portare a casa 100 scatti della modella ben truccata e poco vestita vanno stra-bene, ma se si vuole imparare a fotografare, sono un pessimo modo di allenare il cervello, che rimane sempre il miglior strumento fotografico a nostra disposizione.

D. Fa parte di un circolo fotografico?

R. No.

D. E di una associazione del settore?

R. Faccio parte di un gruppo online che si chiama adoroletuefoto.it. E’ una buona piattaforma per appassionati.

D. Va a fiere e saloni di fotografia? Se sì, a quali?

R. All’ultimo Photoshow, una modella in bikini ghepardato posava per fare il test delle nuove lenti di una nota marca, circondata da un nugolo di testosterone reflex-dotato. Per me la fotografia è un po’ altro.

D. Cosa ne pensa, li trova utili?

R. Mah, siamo tutti bambini grandi che non han bisogno di andare al Photoshow per vedere una biondona in bikini ghepardato.

fotografo Aldo Giarelli

Mostre

D. Visita mostre di fotografia?

R. Certo.

D. Quali sono quelle che ha apprezzato di più in assoluto?

R. Al MOMA di NY ho visto un reportage sulla prostituzione di donne anziane nell’est Europa. Una lamata nell’anima. Era crudo, diretto, violento, ma dannatamente pulito. L’effetto è stato come se qualcuno per strada mi avesse dato uno schiaffone all’improvviso.

E Francesca Woodman a Milano: una ragazza capace di fotografare la solitudine in maniera così puntuale non l’avevo mai vista.

D. Qual è stata l’ultima visitata?

R. Il World Press Photo 2012. Sono immagini potentissime e di altissimo livello. Ho smesso di piangere per quello che ho visto l’altro ieri.

D. La mostra che vorrebbe vedere?

R. International Center of Photography di NY. Sono stato nella grande mela l’anno scorso, nell’unica settimana in cui era chiuso per riallestimento. E pioveva pure.

D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?

R. Ne ho realizzate alcune, più o meno un paio all’anno.

D. Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.

R. Emotivamente ho 4 anni e ogni volta, alla vigilia di una mostra, mi vien da disallestire tutto, andare a casa e prendermi una pizza e una vaschetta di gelato e staccare il telefono. Poi non lo faccio. Dopo qualche giorno leggo il guestbook per vedere se è piaciuta o no.

Attrezzature di Aldo Giarelli

D. Attualmente, quali fotocamere usa?

R. Nikon D3s e D200.

D. E quali obiettivi?

R. 24-70 mm, 50mm, 12-24mm ed una lensbaby con cui gioco.

D. L’obiettivo che usa più spesso?

R. 24-70 mm.

D. Quali flash?

R. Un metz af 58 e un nikon sb910.

D. Quali cavalletti e teste?

R. Un manfrotto.

D. Quali altri attrezzature o accessori usa?

R. Dai pannelli riflettenti, a bank con la slitta per speedlight, ho un vero arsenale di robetta comprata a poco prezzo su ebay. E’ il paese dei balocchi di chi vive la fotografia come un gioco fatto di sperimentazioni.

D. Utilizza filtri? Se sì, quali?

R. Ho ancora i filtri della Cokin come monito del mio “MAI PIU’!”

D. Qual è stata la sua prima macchina?

R. Una Olympus OM-1 (se escludiamo una Agfa Agfamatic 1008 come regalo della prima comunione)

D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?

R. Ho sempre acquistato nuova attrezzatura solo dopo essermi convinto al 100% che oramai conoscessi perfettamente quanto possedevo e non mi sarebbe più bastato per realizzare quel che avevo in mente. E’ un bel risparmio!

D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se sì, perchè?

R. No, oramai ho dimestichezza con Nikon e comprerò sempre Nikon. Facendolo per lavoro non credo di aver tempo da dedicare ad imparare una nuova interfaccia. (Mi spiace Canon, niente di personale).

D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?

R. Mi piace comprare in negozio, perché voglio la sicurezza di poter prendere per il collo il negoziante se mi ha venduto una fregatura. Ma ho anche comprato online, con soddisfazione.

fotografo Aldo Giarelli

Aldo Giarelli e la nostalgia della pellicola

D. Lavora ancora in pellicola?

R. Sì.

D. Con quali corpi macchina?

R. L’Olympus OM-1 storica e una Robi della Bencini del 1930, salvata dalla cantina dei nonni.

D. Quali pellicole usa?

R. Quelle scadute. La Robi Bencini, benché l’abbia pulita tutta, ha la lente sbeccata: se devo accettare l’effetto vintage, lo faccio in toto.

D. Per quali applicazione?

R. Perché per me che sono un maniaco ossessivo della luce e dell’istogramma, è divertente scattare a 1/60 f/11 fisso e dire “chissà che viene fuori stavolta”.

D. Se usa diapositive, dove le sviluppa?

R. Non uso diapositive.

Aldo Giarelli in studio

D. Come è fatto il suo studio fotografico?

R. Lavoro a casa, sono freelance. Affitto una sala posa per i book.

D. Dove si trova?

R. A Torino, a due passi da Porta Susa, una delle due stazioni principali.

D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?

R. Ci sono un paio di bank, uno snoot, un beauty dish e un paio di altre cose divertenti. Mescolandoli insieme riesco a fare quasi tutto. Quel che non c’è si inventa, il bello dell’essere quasi autodidatta è che non ho bisogno di uno strip bank della Lastolite, quando posso costruirmelo o simularlo.

D. Che genere di fotografia vi realizza?

R. Principalmente book, affittando la sala a ore devo ottimizzare i tempi di permanenza.

Info

Commento alle foto allegate

  • 001 studio per storytelling_Red Riding Hood
  • 002 inadeguatezza
  • 003 i’m the opposite of myself
  • 004 glam
  • 005 pain

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