La fotografia secondo Gabriele Palmato
D. Quando e come ha scoperto la fotografia?
R. Non sono mai stato attratto dalla fotografia, le uniche foto che scattavo erano quelle fatte col cellulare per ricordo. Tutto è cambiato la prima volta che presi in mano una fotocamera bridge, rimasi subito colpito dal piacevole effetto sfocato che veniva a crearsi dietro il soggetto, non realizzabile attraverso fotocamere compatte e cellulari. Da li mi si è aperto questo fantastico mondo creativo che è la fotografia.
D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte:
R. Il mio vero primo approccio, è stato quando il giorno del mio ventunesimo compleanno mi è stata regalata una reflex Canon 1100 D. Da quel giorno ho iniziato ad imparare e comprendere i meccanismi della reflex, mettendo sempre subito tutto in pratica e sperimentando di continuo tutte le tecniche e gli effetti possibili.
D. Ricorda la sua prima foto?
R. Ero in una camminata in montagna e mi divertivo a fotografare fiori ed insetti vari
D. Qual è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
R. Ho iniziato da autodidatta, vista la notevole mole di informazioni che si trovano su internet. Ho deciso dopo un po’ di mesi di seguire un corso per approfondire le mie conoscenze, ma dopo poche settimane l’ho dovuto terminare a causa di una chiamata di lavoro come fotografo di reportage lontano da casa. Dopo questo viaggio la fotografia mi ha catturato sempre più, ho continuato quindi ad approfondire le mie conoscenze tramite internet, riviste specializzate, circoli fotografici finché non ho deciso di trasformare questa mia passione in professione aprendo uno studio nel paese in cui vivo. Da li ogni esperienza di lavoro è stata una crescita professionale che continua giorno dopo giorno e so di aver ancora tantissimo da apprendere. Per comprendere le mie mancanze e i miei errori ho trovato molto utile il confronto su internet con professionisti provenienti da tutto il mondo.
D. E quali le sue tappe più significative?
R. Senz’altro il viaggio in Calabria, in cui oltre a migliorare la tecnica fotografica, ho imparato a rapportarmi con le altre persone sia in ambito lavorativo che in ambito umano. Tanto hanno fatto anche le prime cerimonie, per l’importanza e la fugacità del momento da cogliere. Ultimo ma non ultimo in ordine di importanza, è il lavoro svolto in Costa Rica, il mio primo e vero lavoro come fotografo di viaggio.
D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
R. Mi sto accorgendo proprio ultimamente che la fotografia è il modo migliore per esprimere i miei sentimenti e per esternare tutto quello che ho in testa. Difatti per me la fotografia rispecchia l’essere di un individuo e penso sia questo il motivo per cui ognuno ha il proprio stile, che muta nel tempo adattandosi al carattere dell’individuo.
D. E pratici?
R. Grazie alla fotografia ho notato che essendo sempre alla ricerca di un soggetto, un’inquadratura, un attimo particolare, riesco a cogliere a fondo la bellezza di quel che mi circonda e riesco a godere a pieno anche delle piccolezze intorno a me. Sembra una banalità, ma provare per credere!
Inoltre mi sto adoperando al massimo per diventare fotografo di viaggio, e riuscissi a diventarlo, riuscirei a viaggiare molto, un’altra mia immensa passione.
D. Fotografa per lavoro o per diletto?
R. Fotografo per lavoro, se non fotografo per lavoro, fotografo per diletto e quando fotografo per lavoro comunque ci metto del mio e quindi mi diverto tantissimo
Maestri e grandi fotografi per Gabriele Palmato
D. C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?
R. Ogni incontro che ho avuto durante il mio percorso è stato importante, ma uno dei più costruttivi è stato sicuramente quello con il caporedattore della rivista per cui ho lavorato
D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
R. Per me un “maestro”, anche se ho avuto poco tempo per frequentarlo, è stato un fotoreporter a cui ho fatto da assistente all’inizio della mia carriera.
Gli scatti di Gabriele Palmato
D. Cosa le piace fotografare?
R. Amo fotografare durante i miei viaggi, per raccontare l’essenza del posto che ho visitato e poter vivere profondamente l’esperienza. Mi piace fotografare alle cerimonie, specialmente nei matrimoni, perché le foto riescono poi ad esprimere grandi emozioni e la coppia vestita per l’occasione rende tanto esteticamente. Mi piace anche fare foto di architettura creando astratti aiutandomi con le varie linee geometriche.
D. Qual è il suo soggetto preferito?
R. Gli esseri umani. Ultimamente se mancano nell’inquadratura, la foto per me perde un po’ di interesse, a parte situazioni particolari ovviamente
D. E il genere?
R. Reportage di viaggio, matrimoni, astratte e concettuali
D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura:
R. L’inquadratura deve essere semplice, pulita, raccogliere solo gli elementi essenziali alla foto, levando quindi tutti gli elementi di disturbo. Per far questo c’è bisogno di studio prima dello scatto. Per creare maggior ordine nell’inquadratura e dare un’armonia ad essa, faccio spesso riferimento alla regola dei terzi, cosicché i soggetti non si sovrappongano e siano distribuiti equamente in tutta l’immagine.
D. Che tipo di luci preferisce?
R. Luci naturali
D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se sì, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
R. Si, apprezzo molto le foto in bianco e nero. Solitamente in fase di scatto so già se andrò a convertirla in bianco e nero al computer, lo utilizzo per marcare forme geometriche in una foto, per esaltare luci particolari e per rafforzare la drammaticità della scena oppure forti emozioni.
Gabriele Palmato e la post-produzione
D. La sua opinione sulla post-produzione:
R. Secondo me è la parte restante del lavoro dopo la fase di scatto, a mio modo di vedere si completano, perché per quanto uno possa essere bravo tecnicamente la macchina fotografica ha dei grossi limiti fisici e non permette di realizzare a pieno la visione che si ha in quel momento.
Io scatto acquisendo il materiale necessario che so mi servirà poi al computer per completare l’immagine in post-produzione.
La post-produzione la pre-visualizzo già durante lo scatto quindi mentre fotografo so già se voglio un’immagine a colori o BW, se al soggetto dovrò aumentare luminosità e contrasto per accentuarlo nel contesto e via dicendo. Trovo inappropriato usarla senza una logica, non sapendo quel che realmente si vuole tirare fuori dallo scatto, usando effetti o filtri già preimpostati o più semplicemente convertendola in monocromatico giusto perché a colori l’immagine non dice nulla. Ritengo quindi che vada utilizzata consapevolmente e che non se ne debba far uso per migliorare una foto non interessante o non bella perché il risultato sarebbe esattamente l’opposto.
D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici alla post-produzione?
R. A me non interessa riportare il più fedelmente possibile ciò che ho davanti agli occhi, ma esprimere la mia personale visione della realtà; tanto è risaputo che utilizzando ad esempio un’ottica che si discosta molto dalla focale 50mm, oppure aprendo il diaframma per creare lo sfocato o ancora utilizzare tempi lunghi oppure brevissimi, l’immagine che verrà fuori non si avvicinerà neanche lontanamente a quel che vediamo con i nostri occhi!
Quindi non do veri e propri limiti alla post-produzione soprattutto quando le foto vengono fatte seguendo la propria visione. In questo caso ognuno può esprimersi come meglio crede.
Il discorso è diverso in ambito lavorativo, ad esempio in un reportage di guerra l’immagine finale dovrà essere il più somigliante possibile alla realtà partendo già dal non utilizzare strane tecniche di scatto. Se si fotografa in altre occasioni è possibile liberare maggiormente la propria visione artistica della realtà, facendo uso di tecniche fotografiche particolari ed andando ad agire maggiormente in post-produzione fino ad arrivare alla digital-art, dove, partendo da uno scatto, è possibile aggiungere o eliminare elementi e stravolgere completamente la foto a livello di luci, colori e quant’altro.
D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?
R. Come detto prima sempre in base al lavoro che si vuole fare, io in ogni caso tutte le mie foto le sistemo per farle rendere al meglio.
D. Che software usa per la post-produzione?
R. Lightroom e Photoshop
D. Che tipo di interventi fa di solito?
R. Contrasto, luci e ombre, correzione colore e se necessario clono elementi nella foto.
Gabriele Palmato: RAW, JPG e TIF
D. In che formato scatta di solito?
R. RAW e Jpeg
D. Se scatta in RAW, che software usa per gestire i file?
R. Lightroom
D. Ha mai provato con LightRoom? Se sì, cosa ne pensa?
R. Ho iniziato ad usare Lightroom solo dopo il mio viaggio in Marocco, e ora ho cambiato completamente il mio flow di lavoro. Penso sia un ottimo programma soprattutto per gestire luci, ombre e bianchi e la correzione colore
Informazione
D. Legge riviste di fotografia?
R. No
D. Consulta siti web di fotografia?
R. Sì
D. Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?
R. Sì, ma più che altro si tratta di siti che selezionano foto da vari fotografi di tutto il mondo, pubblicando le più belle, un esempio possono essere ArtFreelance e 1x.
Secondo me è importante visionare continuamente molte foto e se possibile di qualità, perché aiutano a capire ciò che più piace, quindi anche il proprio stile, oltre che a fornire spunti per gli scatti successivi.
D. Partecipa a workshop o seminari?
R. No, per ora i soldi che metto da parte li investo in attrezzatura e viaggi.
D. E fa parte di una associazione del settore?
R. No
D. Va a fiere e saloni di fotografia?
R. Sì
D. Cosa ne pensa, li trova utili?
R. Secondo me ogni evento riguardante la fotografia può essere utile, magari non a livello di tecnica, ma per aumentare la propria cultura fotografica.
Mostre di fotografia
D. Visita mostre di fotografia?
R. Sì
D. Quali sono quelle che ha apprezzato di più in assoluto?
R. Steve McCurry, Fosco Maraini.
D. Qual è stata l’ultima visitata?
R. Robert Doisneau.
D. La mostra che vorrebbe vedere?
R. Sebastiao Salgado.
D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?
R. Sì, ma solo mostre collettive in giro per la Liguria.
D. Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.
R. Tutte quante molto belle, la più grande è stata quella organizzata a Savona, in cui erano presenti molti fotografi e molte persone di passaggio con cui discutere delle foto esposte.
Le attrezzature di Gabriele Palmato
D. Attualmente, quali fotocamere usa?
R. 5D Mark II
D. E quali obiettivi?
R. Samyang 14 2.8, Canon 24-70 2.8, Sigma 35 1.4, Sigma 85 1.4, Sigma 70-200 2.8
D. L’obiettivo che usa più spesso?
R. Sigma 35 1.4
D. Quali flash?
R. 2 x Canon Speedlight 430 EX II
D. Qual è stata la sua prima macchina?
R. Canon 1100 D
D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
R. Sono passato a full-frame a causa delle condizioni più critiche in cui scattavo per lavoro. Per quanto riguarda gli obiettivi, cambiando genere e stile di foto ho iniziato ad utilizzare ottiche fisse luminose.
D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se sì, perché?
R. No.
D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
R. Tutto online, si riesce a risparmiare molto.
PRO – Gabriele Palmato in studio
D. Com’ è fatto il suo studio fotografico?
R. E’ formato da due stanze; la principale, con tutti i muri tappezzati di stampe, in cui lavoro al computer e accolgo i clienti e il retro in cui tengo l’attrezzatura per far foto in studio
D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?
R. 2 flash a slitta, un flash da studio, 2 softbox, un ombrellino, un pannello riflettente e 2 fondali ( bianco e nero )
Info di contatto
- Nome: Gabriele
- Cognome: Palmato
- Indirizzo: Via Puccio 31/3
- Città: Albissola Marina
- Telefoni: 3400707844
- Email: gabrielepalmato@libero.it
- Sito web: gabrielepalmato.weebly.com
Commento alle foto allegate
- Metrò, Parigi
- Matrimonio
- Riflesso surfisti, Taghazoud, Marocco
- Asino della spazzatura, Fes, Marocco
- Villa Barbarigo, Veneto
- Foto in studio
- La Senna, Parigi
- Le Louvre, Parigi
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