Benvenuti in questo tutorial che si occupa delle differenze tra post produzione, fotoritocco e fotomontaggio, ma anche dei loro limiti etici e tecnici.
Quasi tutti pensano che il concetto di post produzione sia nato con la fotografia digitale. Ma sono in errore.
O meglio: la post produzione intesa come il lavoro al computer che noi conosciamo si, è nata con l’avvento della fotografia digitale.
Ma il concetto no.
Quello nasce addirittura con il bianco e nero, in camera oscura.
Post produzione in pellicola bianco/nero
Chi ha praticato la camera oscura nell’epoca d’oro della fotografia, quella della pellicola, sa bene di cosa parlo.
Esisteva infatti tutto un mondo di procedimenti, detti “mascherature”, che servivano a ridurre o esaltare le differenze di luce nella foto. La mascheratura avveniva durante la fase di stampa su carta, ossia quando il negativo pellicola veniva proiettato sulla carta fotografica mediante l’ingranditore.
Qui, lo “stampatore” usava una serie di metodi per far si che su certe zone della carta andasse meno luce di quella che sarebbe arrivata passando attraverso il negativo. O viceversa.
Si tratta a tutti gli effetti di un procedimento HDR.
Ritocchi in camera oscura
Poi esisteva una serie quasi infinita di procedimento di sviluppo con sostanze e/o metodiche speciali, diverse dalla standard, in grado di creare effetti particolari.
E come sesempio cito i due più noti:
- altissimo contrasto
- viraggio
L’altissimo contrasto permetteva di avere foto con soli bianchi e soli neri, cito Giacomelli tra tutti. Mentre il viraggio serviva a dare un tono di colore alla foto, che restava comunque un bianco e nero: famoso il viraggio tono seppia.
Si tratta in entrambi i casi di post produzione. Ma lo stesso bianco e nero è comunque una interpretazione della realtà, che noi vediamo invece a colori.
E l’uso di filtri colorati davanti all’obiettivo nella fotografia B/N serviva a variare il modo in cui un determinato colore si trasformava in bianco o nero. Un determinato filtro rendeva nero il blu del cielo, l’altro lo trasformava in bianco. E così via per gli altri colorei.
Anche questa è post produzione, tant’è che noi oggi possiamo fare esattamente la stessa cosa senza usare filtri ottici in fase di scatto ma lavorando il file RAW.
Post produzione prima del digitale
Altro aspetto, noto quasi solo agli addetti ai lavori, è quello della “post produzione” che veniva fatta sulle immagini in pellicola prima dell’avvento del digitale.
C’è stata infatti una fase storica in cui i fotografi lavoravano ancora in pellicola – perchè gli strumenti digitali non esistevano (anni ’90) o non erano ancora all’altezza dell’analogico (primi anni 2000) – ma gli utilizzatori, quindi tipografie e editori, erano già nel mondo digitale.
Scanner e dia
Le diapositive venivano quindi “scansionate”, ossia lette da speciali scanner (celebri quelli a tamburo, di grande qualità ma anche grande prezzo) e trasformate in immagini digitali. Esse erano del tutto simili ai file TIF di origine digitale che usiamo noi oggi.
Una volta digitalizzate le foto da diapositiva, lo scannerista o il grafico le sottoponevano a una serie di lavorazioni al computer.
Esse riguardavano sia la preparazione per la stampa (la delicata conversione del profilo colore da RGB a CYMK), sia interventi di vera e propria post produzione:
- rimozione di elementi di disturbo
- pulizia da imperfezioni di scansione
- modifica di colore, contrasto, etc.
Ecco quindi svelato come la PP abbia origini assai lontane e non sia nata con l’avvento della fotografia digitale.
Quello che è invece accaduto con il trasferimento da analogico/digitale è stato un passaggio importante, anzi epocale, nel ruolo del fotografo.
Prima il fotografo si occupava solo dello scatto e il suo compito finiva con il clik. Poi doveva solo sviluppare la pellicola dia e consegnarla al cliente.
Ripresa e sviluppo: due facce della stessa medaglia
Oggi il suo lavoro è invece suddiviso in due fasi, complementari e di pari importanza: lo scatto e la trasformazione del RAW nell’immagine desiderata.
Questa è la differenza sostanziale tra analogico e digitale in termini di ruolo della PP. Prima era una opzione, e semmai competeva all’utilizzatore finale.
Oggi è invece una parte integrante dello scatto e compete per forza al fotografo, perchè è lui che sa cosa ha visto e quindi come deve diventare quel RAW per essere il più possibile simile alla realtà fotografata. O alla sua visione creativa di essa.
Post produzione, fotoritocco e fotomontaggio
Ma qui entra in gioco una differenziazione molto importante, spesso ignota o ignorata da tanti che parlano sempre genericamente di “postproduzione”.
Andiamo quindi a definire con esattezza cosa siano, e cosa comportino in pratica, questi tre termini:
- post produzione
- fotoritocco
- fotomontaggio
Sono infatti cose ben diverse, e con implicazioni tecniche, pratiche ed etiche molto differenti.
Post produzione
Il termine italiano post produzione è una traduzione non proprio esatta dell’inglese post processing, che significa “lavorazione successiva”.
Intende dire che lo scatto digitale di compone di due momenti collegati tra loro come le facce di una moneta.
Lo scatto, ossia la raccolta dei dati di luce della scena attraverso la lettura fatta dal sensore e la successiva registrazione di questi valori su un file RAW.
La lavorazione successiva di questi dati (che viene fatta sul pc) per trasformarli in una immagine che sia il più possibile vicina alla realtà fotografata.
Il RAW non è una foto
Lo scatto RAW non è infatti una immagine. Come sappiamo è solo una tabella numerica con i dati letti dal sensore al momento dello scatto e le specifiche per interpretarli.
Questo ci fa capire come quella che viene genericamente chiamata “post produzione” sia in realtà il normale – e necessario – sviluppo del negativo digitale costituito dal file RAW.
Sviluppo del negativo digitale RAW
Esso si articola in alcuni passaggi di base, che sono quindi sempre necessari, e una serie di interventi accessori che risultano appunto opzionali in base alle specificità della foto.
Vediamoli in dettaglio.
I passaggi necessari per lo sviluppo del negativo digitale RAW sono:
- correzione lente
- bilanciamento del bianco
- gestione del rumore + nitidezza
Questi sono i tre interventi da fare sempre, proprio perchè sono relativi alla correttezza ottica (correzione lente) e visuale (WB e rumore) della foto.
Interventi opzionali
Gli interventi opzionali si applicano per rendere la foto nativa RAW, che generalmente tende a essere “piatta” e con caratteristiche “medie”, il più vicina possibile alla scena reale fotografata, o alla sua intepretazione voluta dal fotografo.
Parliamo di:
- esposizione
- contrasto
- bianchi/neri
- luci/ombre
- chiarezza
- curve
- vividezza/saturazione
Questi parametri si regolano al bisogno, se necessario, per avvicinare appunto la foto alla scena originale. Magari si possono anche enfatizzare leggermente – ripeto leggermente – per esaltare determinate sua caratteristiche.
Diciamo chiaramente “esaltare”, l’inglese enhance, per sottolineare come questi interventi siano sempre mirati a incrementare qualcosa che già esiste nella foto.
D’altronde anche le pellicole dia avevano specifiche caratteristiche in questo senso. La Velvia, ad esempio, era molto contrastata e valorizzava i colori. Altre erano dai colori più tenui. E così via.
Per chi fosse interessato esistono dei preset da applicare a Camera RAW/Lightroom per sviluppare un RAW simulando appunto una reale pellicola.
Limiti etici della post produzione
Il limite etico di questo processo – detto specificamente post produzione in senso inglese di post processing, ossia sviluppo del negativo digitale – è che deve semplicemente trasformare il RAW in immagine cercando di avvicinarsi il più possibile al reale. Al limite esaltandone le naturali caratteristiche.
Non rientra invece nella post produzione l’aggiunta di elementi o caratteristiche visive che non siano già presenti nel reale.
Questo è infatti compito dei passagi successivi.
Fotoritocco
Il fotoritocco, da molti incluso o confuso con la PP, riguarda è un passo ulteriore, successivo allo sviluppo digitale. E riguarda tutti gli interventi che modificano in modo sensibile l’immagine rispetto alla realtà. Parliamo di:
- eliminazione di elementi, parti o oggetti
- deformazione dell’immagine o di sue parti
- modifica radicale di parametri visivi come colore o WB
Vediamo alcuni esempi:
- usare il clone di PS per togliere il palo che rovina la scena o le impronte dell’amico distratto sulla neve
- impostare Tramonto oppure Ombra nei preset di WB quando la foto è fatta di giorno, per avere l’effetto tramonto
- aggiungere colore con luci/ombre della divisione toni per creare un crepuscolo
- correggere la prospettiva di un edificio
sono tutti interventi di fotoritocco, e non più di semplice post produzione.
Limiti etici del fotoritocco
Nessuno dice che non si possano fare, ma chi li fa deve sapere che sta comunque modificando la foto per renderla diversa da quello che ha realmente fotografato.
Il fotoritocco è oggi parte integrante della fotografia digitale, ma va sempre gestito con grande cura, perchè deve risultare del tutto impercettibile all’osservatore.
Se qualcuno nota che si tratta di un intervento di fotoritocco… vuol dire che l’avete fatto male o avete esagerato.
Il punto focale è infatti quello della credibilità visiva.
Qualsiasi interventi di fotoritocco deve infatti essere sempre perfettamente credibile dal punto di vista visuale.
Deve sembrare talmente reale e credibile da non dare minimamente adito al sospetto che sia stato applicato un ritocco.
Fotomontaggio
Il terzo livello di intervento è quello che viene definito di fotomontaggio. E nella parola è già spiegato di cosa si tratta.
Se parliamo di fotomontaggio tutti pensano subito alla foto divertente con la faccia del nostro amico montata sul corpo di un supereroe. Ma quello è il caso più banale.
Si dice fotomontaggio tutto ciò che viene aggiunto arbitrariamente in una foto. Sia che si tratti di elementi, come oggetti o parti della foto, sia che ci si riferisca a caratteristiche di luce/colore. Vi cito gli esempi più noti:
- Via Lattea aggiunta su un paesaggio notturno
- terreno fotografato al crepuscolo aggiunto sotto un cielo stellato o una Via Lattea
- aggiunta del bagliore del sole
- nuvole o cieli nuvolosi inseriti su un paesaggio con cielo azzurro
Queste – e tante altre – sono purtroppo pratiche assai diffuse oggi, soprattutto nel mondo della fotografia social. Ma sono sempre e comunque dei falsi.
Evidenza del falso
Nel 99.9 % dei casi risultano evidenti e vengono facilmente scoperti da un bravo fotografo.
Possono ingannare utenti social non fotografi o fotografi non esperti, ma denotano comunque solo una cosa: che l’autore sta dichiarando a tutti di non essere stato in grado di fare quella foto realmente e di essere dovuto ricorrere al fotomontaggio per averla.
Non si tratta di un successo, ma di una ammissione di sconfitta. E i like presi da quella foto saranno sicuramente di persone non esperte di fotografia.
Questo concetto si riferisce anche all’aggiunta di elementi che si, sono presenti nella scena, ma che non possono essere inseriti insieme nella stessa foto per la loro diversità di luminosità o posizione.
Esempi di fotomontaggio
Esempi classici dei fotomontaggi più comuni sono:
Via Lattea in un paesaggio notturno dove è presente un paese con luci artificiali.
Se le luci del paese e l’inquinamento luminoso sono molto forti, è oggettivamente impossibile (anche con tecniche avanzate e immagini composite) riuscire a gestire la visibilità della galassia in maniera adeguata.
Se il paese – anche in HDR – sarà ben leggibile, la Via Lattea risulterà appena visibile. Per inserirla in modo che sia molto evidente è necessario fotografarla separatamente, o addirittura in altro luogo, e poi incollarla sopra.
Paesaggio perfettamente visibile e Via Lattea.
Per avere una ottima foto della galassia, anche con tecniche avanzate, è necessaria una notte buia e in zona con poco inquinamento luminoso. Questo significa che il terreno sarà molto scuro e difficilmente leggibile (a meno di non usare luce artificiale).
Per avere un terreno molto visibile alcuni fotografano prima il paesaggio, al crepuscolo, e poi lo incollano sulla scena notturna. Un falso, peraltro visivamente non credibile.
Astroinseguitore.
Fotografare la Via Lattea con questo strumento e poi fotografare separatamente il paesaggio, per poi incollare insieme i due elementi è un fotomontaggio.
Aggiunte di colore
Aggiunta di luce e colore con il pennello di PS o Camera RAW.
Ci sono tutorial che spiegano quale e quanto colore aggiungere alla Via Lattea, ma anche dove. Si tratta di un fotomontaggio, perchè non esiste dato scientifico che dia indicazioni corrette su questa aggiunta del tutto fantasiosa.
Fotografia composita
Un capitolo a se riguarda invece la fotografia composita. Le immagini composite sono realizzate con tecniche miste di ripresa/lavorazione basate sempre su gruppi di scatti.
Essi vengono poi fusi tra loro e lavorati per avere l’immagine finale.
Parliamo di tecniche speciali per:
- HDR
- stacking
- Via Lattea
- tempi lunghi simulati
In questo caso, ovviamente, tutto il discorso fatto prima cade, perchè sono immagini speciali che possono essere generate solo facendo appunto ricorso a speciali tecniche.
Esse prevedono che in fase di ripresa si realizzi una:
- serie di scatti
- multiesposizione
gli scatti vengono poi sviluppati e fusi tra loro secondo la corretta procedura.
Qui le fasi di post produzione (sviluppo dei singoli RAW in TIF) e di fotoritocco sono correlate e complementari. Ma sono necessarie entrambe per ottenere il risultato voluto, che non sarebbe ottenibile con procedure basate su un solo singolo scatto.
In questo caso non si tratta naturalmente di elaborazioni artificiali, falsi o fotomontaggi. Ma appunto di immagini composite.
Conclusioni
Possiamo concludere questo tutorial con un breve riepilogo.
- Post produzione: sviluppo del negativo digitale RAW per avere una immagine che sia il più possibile fedele alla scena fotografata, o alla visione che il fotografo voleva trarne.
- Fotoritocco: tutti gli interventi di modifica della foto che non comportano aggiunta di elementi inesistenti in realtà.
- Fotomontaggio: aggiunta alla foto di elementi che non esistevano nella scena reale.