Intervista al fotografo creativo abruzzese Silviano Scardecchia.
D. Quando e come ha scoperto la fotografia?
R. Da piccolo, per deliziarmi, mi appartavo con una cassetta “confezione natalizia”, ricolma di vecchie fotografie. Mi appagava vedere e rileggere le vecchie stampe ingiallite di momenti vissuti da mio Padre in India . le immagini che guardavo, ritraevano frammenti di vita, strappati al tempo e alla violenza della seconda guerra mondiale, era il mio “star gate” con il passato.
D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte:
R. A 14 anni ero un fervido appassionato di motociclismo e, quale migliore opportunità era quella di rivivere i momenti indimenticabili vissuti nelle piste, se non attraverso gli scatti fotografici? All’epoca avevo una Yashica Biottica, come si dice , non proprio l’ideale per ritrarre “oggetti” che saettavano a non meno di 200 kmh. Al tempo, per me la fotografia era solo uno strumento di registrazione, una sorta di taccuino visivo.
D. Ricorda la sua prima foto?
R. lo scatto fatto al mio primo motorino : un Mini Bike giallo, era il 1969 .
D. Qual è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
R. Dopo il mio incidente in macchina, dopo giorni di degenza in ospedale , avevo esaurito ogni rivista che ruotasse intorno ai motori e, per non annoiarmi, mi feci acquistare tutti i magazine che trattavano di fotografia nello sport. Il passo alla lettura di riviste specifiche come : Progresso fotografico, Zoom France, Tutti Fotografi fu brevissimo ed appassionante. Passano gli anni , arriva il mio periodo più fervido , quello universitario. Fu l’occasione giusta per crearmi un gruppo di amici che, parallelamente al nostro percorso di studi in chimica, “sviluppammo” una sorta corso di fotografia autoformativo . Diventammo una sorta di setta alchemica , dove sperimentavamo nuovi processa di sviluppo e stampa , con “intrugli” di cui oggi stento a ricordare le miscelazioni. Provavamo di tutto , arrivammo ad emulsionare persino la carta vetrata. Serate memorabili , che ancora oggi mi segnano e mi accompagnano.
D. E quali le sue tappe più significative?
R. L’incontro con un mio compagno di studi , veniva dalla Persia ( al tempo l’Iran era chiamata così), lui apparteneva all’alta borghesia nel suo paese, aveva il top di gamma di ogni cosa :dalla camera oscura “arredata” da un Durst 700 munito di testa colore , per finire con un corredo invidiabile di : Nikon F1 munita di Photomic DP 12 , un nutrito numero di ottiche, tra le più performanti. Il beato, non era uno sterile possessore di “gioielli”, ma aveva una conoscenza tecnica da far invidia. Con lui feci numerosi reportage che culminarono con una mia foto pubblicata , negli anni 70’ , su Zoom France , scattata a Salina. L’immagine ritraeva una gigantesca stella marina color rosso fuoco. Un altro step importante fu mio corso di fotografia ad Allwille (Basilea) presso la Broncolor, la mia prima mostra fatta ad Orvieto, gli incontri memorabili con Vittorio Storaro, le mostre di Paolo Gioli, Peter Turner, Franco Fontana, Eva Ionesco, Guy Burden, Cheyco Leidmann, Erwin Olaff e Desirée Dolron , questi ultimi poi, sono stati il pane l’aria che ho respirato per nutrirmi e crescere.
D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
R. Una traccia tangibile del mio essere , le “orme” cromatiche del mio passaggio, la registrazione tangibile delle vibrazioni che questo mondo mi regala! Il piacere di condividere “quel momento”, con chi non era con me !
D. E pratici?
R. L’esercizio delle arti visive, oggi mi è utile per dirigere lavori di regia, per rivestire il ruolo di l’art director in shooting di moda, per progettare e realizzare strumenti di vendita per l’industria del turismo .
D. Fotografa per lavoro o per diletto?
R. Questo confine non esiste nella mia vita, i due mondi vivono in simbiosi.
Maestri e grandi fotografi che mi hanno “svezzato”
Paolo Gioli, Peter Turner, Franco Fontana, Eva Ionesco, Guy Burden, Cheyco Leidmann, Erwin Olaff e Desirée Dolron
D. C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?
R. Fharaz Faramaz Vica , Vittorio Storaro
D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
R. I miei maestri? La curiosità , il mio spirito di osservazione, tanta lettura e tanti film !
ALLE SUCCESSIVE DOMANDE RISPONDERO’ CON SINTETICA FRASE
“Quello che mi rapisce anima e fantasia!”
CHE DESCRIVE BENE IL MIO APPROCCIO A Ciò CHE FOTOGRAFO E CHE MI PIACE.
NON SONO IO A DECIDERE UNA TECNICA Più CHE UN’ALTRA , LA FOTOGRAFIA è UNA SITUAZIONE DUALISTICA, MENTRE IO PERTURBO L’ATMOSFERA CHE INVADO, CIO’ CHE MI CIRCONDA MI INFLUENZA. QUESTO SCAMBIO TENSIONALE PORTA IN SE’ LA CODIFICA DELLO SCATTO, DELLA TECNICA, DELLE LUCI DA ADOTTARE. SONO STATO APPELLATO IN UN ARTICOLO A ME DEDICATO, CHE SONO UN FOTOGRAFO A 360°, NIENTE DI Più VERO MI è STATO MAI DETTO. IL MIO STILE , LO SUGGERISCE LA SCENA CHE RITRAGGO , CREDO DI ESSERE MOLTO ANARCHICO, MUTEVOLE , COME IL FLUSSO DELLE EMOZIONI CHE UN INDIVIDUO ATTRAVERSA NEL CORSO DELLA SUA VITA. PER ME LA MORTE è L’ORTODOSIA E LO STATICISMO IN TUTTE LE SUE FORME.
D. Cosa le piace fotografare?
R. Quello che mi rapisce anima e fantasia!
D. Qual è il suo soggetto preferito?
R. Quello che mi rapisce anima e fantasia!
D. E il genere?
R. Quello che mi rapisce anima e fantasia!
D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura:
R. Quello che mi rapisce anima e fantasia!
D. Che tipo di luci preferisce?
R. Quello che mi rapisce anima e fantasia!
D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se sì, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
R. Certamente si , come potrebbe un figlio naturale della fotografia analogica dimenticare il fascino l’oniricità fantastica del Bianco e nero che, per l’occasione, stampo su carta cotone Fabriano. Come dire il “vecchio” e il “nuovo” trovano un punto d’incontro. Oggi , dove tutto è colore, il bianco e nero è l’espressione più tangibile e diretta dell’astratto e del grafismo essenziale.
Silviano Scardecchia e la post-produzione
D. La sua opinione sulla post-produzione:
R. Una volta c’era la camera oscura, le mascherature con i cartoncini, gli sviluppi e le sbianche calibrate, oggi ci sono i software, non trovo differenze, c’è stata sempre la necessità di un intervento che aiutasse l’autore ad esprimere con l’immagine ciò che aveva nella sua mente. Vogliamo ricordare Franco Fontana con le sue celeberrime cromaticità geometriche ? Il miracolo avveniva attraverso duplicazioni progressive sul miracoloso supporto Kodacrome 25. Non era post produzione ? Le immagini forse erano meno vere e d’impatto?
D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici alla post-produzione?
R. Sulla foto scientifica e tecnica non ci sono gradi di libertà creativa, regge il rigore della fedeltà,
per tutto il resto viva l’anarchico modo di vedere la “propria realtà” attraverso tutto ciò che si ha a disposizione, inclusa la post-Produzione.
D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?
R. Vale quanto sopra
D. Che software usa per la post-produzione?
R. In primis sua maestà photoshop , a seguire moltissime altre app. che completano la libertà espressiva.
D. Che tipo di interventi fa di solito?
R. Non è codificabile, ma in genere ricalibrazione delle luci, dei toni e della saturazione .
Silviano Scardecchia: RAW, JPG e TIF
D. In che formato scatta di solito?
R. Sportiva jpg, per situazioni statiche Raw
D. Se scatta in RAW, che software usa per gestire i file?
R. Photoshop
D. Ha mai provato con LightRoom? Se sì, cosa ne pensa?
R. Si , molto interessante
Informazione
D. Legge riviste di fotografia?
R. si
D. Consulta siti web di fotografia?
R. si
D. Partecipa a workshop o seminari?
R. Ultimamente No
D. E fa parte di una associazione del settore?
R. No
D. Va a fiere e saloni di fotografia?
R. No
D. Cosa ne pensa, li trova utili?
R. No
Mostre di fotografia
D. Visita mostre di fotografia?
R. Si
D. Qual è stata l’ultima visitata?
R. Di Luciano D’Angelo a Pescara, A Roma premio Pulizer
D. La mostra che vorrebbe vedere?
R. Quella di E. Weston
D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?
R. Si, Orvieto, Pineto, Teramo, Tortoreto
D. Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.
R. Quella che ho fatto coniugando video e foto stampate su metallo, intitolata “Segni di Vite”, che racconta, attraverso il grafismo dei filari della vite innevate, il lavoro di “vite” laboriose. La performance visiva era “condita” con la colonna sonora di Andrea Guerra “la Finestra di Fronte”.
Le attrezzature di Silviano Scardecchia
D. Attualmente, quali fotocamere usa?
R. Canon, Nikon, Lumix, i-phone, scatola di scarpe con foro stenotopeico.
D. E quali obiettivi?
R. Dal 10mm al 400mm
D. L’obiettivo che usa più spesso?
R. Non ne ho, ne ho di giusti per l’occasione!
D. Quali flash?
R. Torcia e a slitta
D. Qual è stata la sua prima macchina?
R. Yashica mat 124 6×6
D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
R. Dalla Yashica mat 124 6×6 alla Canon AE-1, F!, NiKon F4, Zenza Bronica 6×6, banco ottico Toyo 9×12, Canon D400-D5- D60 , Nikon D90
D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se sì, perché?
R. Si , ogni pennello ha il suo perché, non ne esiste uno universale!!!
D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
R. On line
Silviano Scardecchia, la nostalgia della pellicola
D. Lavora ancora in pellicola?
R. No
PRO – Silviano Scardecchia in studio
D. Com’ è fatto il suo studio fotografico?
R. Dipende dalla commessa , in genere li affitto.
D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?
R. Stativi, reflex 6×6 digitale o full frame 24×36, torce flash con vari diffusori,
D. Che genere di fotografia vi realizza?
R. Glamour, still Life.
Info di contatto
- Nome: Silviano
- Cognome: Scardecchia
- Indirizzo: Via G,. Carducci 28
- Città: Tortoreto
- Telefoni: 392 4767530
- Email: silviano.scardecchia@alice.it
- Sito web: silvianoscardecchia.com
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