La fotografia secondo Chiara Gandolfi
D. Quando e come ha scoperto la fotografia?
R. La fotografia è sempre stata parte della mia vita, anche se in maniera indiretta inizialmente. Mio nonno aveva una vecchia camera analogica, con la custioda di pelle, con la quale “ obbligava “ me e mio fratello ad improbabili ritratti in posa. Poi mio padre, che produceva decine e decine di rullini pieni di fiori, alberi, paesaggi, ritratti. Mia mamma scattava polaroid che incideva durante lo sviluppo.
Mi sono avvicinata in prima persona nel 2004, quando un gruppo di amici musicisti aveva bisogno delle foto per il loro album d’esordio, ma sono sempre stata affascinata dalle fotografie , per me sono sempre state qualcosa di prezioso.
D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte
R. Il primo approccio è arrivato per curiosità, per la voglia di fermare un ricordo, un pensiero. Non mi interessavano i tecnicismi, mi piaceva la sensazione di produrre qualcosa che mi rappresentasse davvero, come nessun’altra cosa riusciva a fare. Ci è voluto del tempo perchè passassi dal farlo in maniera istintiva al farlo consapevolmente, con uno scopo ben preciso.
D. Ricorda la sua prima foto?
R. Una foto a mio nonno, scattata con la sua analogica, in casa.
D. Quale è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
R. Inizialmente ero spinta dalla curiosità che mi portava a leggere tutto quello che mi capitava sull’argomento, visitavo mostre, mi informavo col web. Quando mi sono resa conto che tutto il resto della mia vita veniva in secondo piano rispetto alla fotografia ho deciso di lasciare il percorso di studi in psicologia che stavo seguendo e mi sono iscritta all’Istituto Italiano di Fotografia in Milano, dove mi sono diplomata a luglio 2012 in fotografia professionale.
D. E quali le sue tappe più significative?
R. Ogni tappa è stata significativa ma, in particolare, il momento preciso in cui ho capito che volevo fare della fotografia la mia vita e il mio lavoro. Quel momento mi ha fatto sentire libera e ha cambiato ogni cosa.
D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
R. La possibilità di esprimere pensieri e parole che non riesco ad esprimere con altri mezzi. Mi piace l’idea di contribuire al ricordo di qualcuno, la possibilità di fermare il tempo.
D. E pratici?
R. Tanto lavoro, tanta progettazione, tanti notti insonni, ma non mi pesa per niente !
D. Fotografa per lavoro o per diletto?
R. Per lavoro e per passione.
Maestri e grandi fotografi per Chiara Gandolfi
- C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?
R. Ogni insegnante dell’IIF mi ha lasciato qualcosa nel profondo, in particolare Sara Munari, che mi ha trasmesso, pur non sapendolo, la passione per la storia della fotografia, Beppe Bolchi, Frank Petter, Giancarlo Maiocchi (occhiomagico). Ognuna di queste persone mi ha lasciato soprattutto la voglia di scoprire, di cercare, di andare oltre ai propri limiti.
D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
R. No, ma ho cercato di assimilare il più possibile da ogni persona che ho incontrato, docente o no.
D. Per lo stile, ha fatto riferimento a quale grande fotografo mondiale?
R. Non so se ho uno stile ben definito, di sicuro è influenzato dai fotografi che più ammiro, Recuenco, Olaf, la Leibovitz.
D. Chi sono i “grandi” di ogni epoca che ammira di più?
R. Amo figure diverse per motivi diversi. In ognuno, che faccia reportage, moda o ritratto, trovo qualcosa di affascinante. Mi piacciono gli innovatori, di ogni epoca. La lista dei miei preferiti spazia da Cartier Bresson a Recuenco, da Diane Arbus alla Leibovitz fino ai grandi del National Geographic.
D. Il preferito in assoluto?
R. Penso la Leibovitz, per la sua capacità di spaziare in ogni settore, facendolo sempre al massimo. Mi piace l’idea che ho di lei, di una donna che non si ferma davanti a nulla e non si rinchiude in un genere preciso.
Gli scatti di Chiara Gandolfi
D. Cosa le piace fotografare?
R. Ho una totale ossessione per le persone, per i visi in particolare.
D. Qual è il suo soggetto preferito?
R. Come detto sopra mi piace fotografare le persone, forse per i precedenti studi in psicologia. Mi piace cogliere le emozioni, le sensazioni, mi piace quando i miei soggetti si riconoscono nello scatto o, al contrario, vedono un lato di se stessi che non sapevano di avere.
D. E il genere?
R. Ritrattistica e Moda, mi piacciono allo stesso modo. Mi diverte molto anche la fotografia di beauty.
D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura
R. Adoro i close up del viso
D. Che tipo di luci preferisce?
R. Mi piace molto la luce naturale. In studio invece userei solo il beauty dish.
D. Quale nuovo genere di fotografia vorrebbe esplorare?
R. Mi piacerebbe cimentarmi in maniera seria nella fotografia di beauty. Per diletto, invece, vorrei imparare a divertirmi con la street photography, perdendomi un po’ per il mondo.
D. Usa tecniche fotografiche speciali, come il macro?
R. raramente.
D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se si, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
R. Si lo uso, anche se solitamente preferisco usare il colore. Il bianco e nero mi piace per dei ritratti classici.
Chiara Gandolfi e il fotoritocco
D. La sua opinione sul fotoritocco
R. Penso che il fotoritocco sia un processo naturale del flusso di lavoro, se inteso come un accentuare un lavoro già ben fatto. Non esiste fotoritocco che renda bella una foto mal fatta.
Il fotoritocco deve sottolineare ciò che già c’è.
D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici al fotoritocco?
R. Nel mio caso il limite è il rispetto per la persona che ho fotografato, che si deve riconoscere. Un totale stravolgimento ha senso solo se vi è dietro un concetto comunicativo che lo giustifichi, se si fa per provocazione, per esprimere qualcosa che altrimenti non si potrebbe comunicare.
D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?
R. Si è sempre fatto, anche con la fotografia analogica.
D. E per rimuovere elementi di disturbo?
R. Lo giustifico nel momento in cui è una scelta precisa, utile per la comunicatività della foto, non se è un modo per correggere un errore di scatto.
D. E aggiungere elementi, cieli oppure oggetti?
R. Personalmente non lo faccio mai, ma non lo condanno a priori. Dipende sempre dal fine che si vuole ottenere. Se l’aggiungere oggetti o altro serve perchè passi il mio pensiero, ben venga.
D. Che software usa per il fotoritocco?
R. photoshop cs 6
D. Che tipo di interventi fa di solito?
R. Ciò che abitualmente si fa negli scatti di moda, principalmente sistemazione della pelle, correzione dei toni, contrasto.
Chiara Gandolfi: RAW, JPG e TIF
D. In che formato scatta di solito?
R. raw
D. Se scatta in RAW, che software usa per aprirle i file?
R. camera raw
D. Ha mai provato con LightRoom? Se si, cosa ne pensa?
R. E’ sicuramente utile, ma non lo trovo funzionale al mio work flow. E’ questione di abitudine più che altro.
Informazione
D.Legge riviste di fotografia? Se si, quali?
R. Vado a periodi. Non ho riviste di riferimento, preferisco il web.
D. Consulta siti web di fotografia?
R. A centinaia, non saprei nemmeno elencarli tutti.
D. Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?
R. Più che altro siti come siti come behance, deviantart, flickr,… Mi piace guardare il lavoro degli altri.
D. Partecipa a workshop o seminari?
R. Non quanto vorrei.
D. Cosa pensa dei worshop?
R. Alcuni sono molto seri, altri meno.
D. R.
D. Fa parte di un circolo fotografico?
R. no
D. E di una associazione del settore?
R. no
D. Va a fiere e saloni di fotografia? Se si, a quali?
R. Fotografica Milano, Mia.
D. Cosa ne pensa, li trova utili?
R.Si, anche solo per alimentare la propria curiosità.
Mostre
D. Visita mostre di fotografia?
R. Si
D. Quali sono quelle che ha apprezzato di più in assoluto?
R. Liu Bolin allo spazio Forma perchè divertente, la mostra sul calendario Lavazza a Milano, che ha raccolto tutti i miei fotografi di riferimento.
D. Qual è stata l’ultima visitata?
R. Fashion, spazio Forma.
D. La mostra che vorrebbe vedere?
R. La mia ! Allo Spazio Forma. Sognare non costa nulla.
D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se si, dove e quando?
R. ho partecipato a diverse mostre:
- Flussi di coscienza, collettivo del gruppo Angina Factory’s, Gambolò, Salone Litta, 13 giugno 2009
- Mostra collettiva del gruppo artistico “il Faro”, Vigevano, Palazzo Merula, ottobre 2009
- Mostra in occasione del concorso fotografico città di Mortara, settembre 2009, Palazzo Cambieri, Mortara
- Art Fight , bipersonale di Santaconiglia e Manu Zuccarotta col patrocinio di Angina Factory’s presso il locale Sgt Pepper’s di Milano, 7-20 gennaio 2010 (prolungata fino al 3 febbraio visto il successo)
- On/beyond, il colore dentro e fuori, bipersonale di Santaconiglia e Manu Zuccarotta col patrocinio di Angina Factory’s presso il locale Dynamo di Milano, 1-15 aprile 2010. L’evento è stato citato nell’allegato de La Repubblica sugli eventi in città.??- Stone italiana, dal 17 al 22 aprile 2012 presso show room Stone Italiana, durante il salone del Mobile.??- Pinocchio, una storia possibile, dal 24/5/12 al 1/6/12 presso Fabbrica
del Vapore , Milano.??-Da noi i falsi sono banditi , 16/17 settembre 2012 Fabbrica del Vapore, 16/19 settembre Fiera Milano, durante Mipel.
D. Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.
R. La più emozionante sicuramente quella durante il Mipel in cui ho avuto la possibilità di chiacchierare con Bob Krieger, incuriosito dal mio lavoro. Una grandissima soddisfazione.
Le attrezzature di Chiara Gandolfi
D. Attualmente, quali fotocamere usa?
R. Canon eos 7 d
D. E quali obiettivi?
R. canon 85 mm 1,8 – canon 24-105 f 4, tamron 17-50 2,8 – sigma 70-300
D. L’obiettivo che usa più spesso?
R. canon 85 mm
D. Quali flash?
R. Come flash da slitta uso un canon 580 ex ii, in studio dipende da volta a volta.
D. Quali cavalletti e teste?
R. Manfrotto, ma non lo uso mai, non mi piace l’immobilità.
D. Quali altri attrezzature o accessori usa?
R. cavi sync o airsync, lastolite bianco/argento, pannelli di riflessione, soft box, ombrelli e beauty dish.
D. Utilizza filtri? Se si, quali?
R. mai
D. Quale è stata la sua prima macchina?
R. una canon 400 d digitale e una analogica, sempre canon di mio padre.
D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
R. Migliora anno dopo anno in sintonia con quello che voglio realizzare. Ora punto ad acquistare una pieno formato.
D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se si, perchè?
R. no mai, sono fedele a canon.
D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
R. Principalmente presso Studio Novecento, a Garlasco.
Chiara Gandolfi e la nostalgia della pellicola
D. Lavora ancora in pellicola?
R. quasi mai
D. Con quali corpi macchina?
R. quando scatto in pellicola uso una vecchia canon di mio padre o una lomo.
D. Quali pellicole usa?
R. dipende dal progetto.
D. Se usa diapositive, dove le sviluppa?
R. Ho scattato solo una volta delle diapositive, per un compito scolastico.
PRO – Chiara Gandolfi in studio
D. Come è fatto il suo studio fotografico?
R. Prima usavo lo studio di IIF a Milano, ora mi appoggio a quello di un amico fotografo, in attesa di averne uno mio.
D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?
R. Luci flash, air sync, beauty dish, softbox, pannelli riflettenti
D. Che genere di fotografia vi realizza?
R. moda, beauty, ritratto
Info
- Nome: chiara
- Cognome: gandolfi ( santaconiglia )
- Città: mortara
- Email: santaconiglia@alice.it
- Sito web: www.santaconiglia.com
Commento alle foto allegate
- primavera : beauty rappresentativo della primavera, realizzato con la mua Fabiana Brucculeri (as hair and make up)
- geisha : una delle prime foto realizzate (2008)
- cleopatra : beauty realizzato con la mua Fabiana Brucculeri, (as hair and make up)
- contraffazione (in realtà al lavoro non è stato dato un titolo, per poterlo liberamente interpretare) : lavoro realizzato per Mipel (fiera pelletteria Milano), il tema da sviluppare era “ la contraffazione “ . Per trattare l’argomento ho deciso di usare una persona, a cui sono stati cambiati i tratti salienti. Questa foto voleva parlare della contraffazione sotto diversi aspetti: – il contraffatto è un qualcosa che aspira ad essere uguale ad un’altra cosa, ma è diversa, anche se per dei dettagli (in questo caso naso, occhi). La contraffazione della pelletteria, ad esempio, produce oggetti che sembrano uguali agli originali, ma che spesso sono grossolani. Il loro minor valore non è rappresentato solo dalla scarsa qualità della fattura, ma soprattutto dal mero tentativo di assomigliare, goffamente, a un qualcosa che non è solo un prodotto di alta qualità ma, in primis, un’idea originale. Il secondo tema che volevo associare è la contraffazione di se stessi, per conformarsi a dei modelli dettati dalla società (chirurgia, desiderio di corrispondere ai canoni di bellezza richiesti), il risultato è un artefatto, qualcosa che non ha senso di esistere. Un naso che in sé può non esser considerato esteticamente perfetto trova il suo senso associato al volto a cui appartiene. Il solo cambiare di questo tratto rende la persona irreale, assurda, quasi un mostro. Con questo volevo sottolineare l’importanza di assomigliare solo a se stessi, di non essere schiacciati dai canoni che ci vengono imposti dall’alto, che siano estetici o morali.
- dia de los muertos – ultimo lavoro realizzato (2013) in collaborazione con la creatrice di effetti speciali Giovanna Schenone di Skenjolab ( http://www.skenjolab.com/ ). Il progetto si rifà al “ dia de los muertos “, festività tipica messicana che si svolge ogni anno il 1 e 2 novembre. Tipico di questa festa è la rappresentazione caricaturale della morte. Le foto prendono spunto dai dolci di zucchero tipici realizzati in questa occasione, “las calaveras “, dolci a forma di teschio molto colorati. Al contrario di quello che succede nella nostra cultura in quella messicana la morte viene molto esorcizzata, rappresentata in modo anche ironico. La morte non è la fine di qualcosa, ma è simbolo di rinascita e cambiamento.
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