fotografia di Gabriele Basilico

La fotografia di Gabriele Basilico

Gabriele Basilico nasce a Milano nel 1944. Dopo gli studi di architettura decide di dedicarsi alla fotografia senza abbandonare però la sua passione per gli edifici, sarà proprio infatti la fotografia di architettura insieme alla fotografia di paesaggio ad essere per Gabriele Basilico fonte del suo successo.

Sono soprattutto le aree urbane ed il paesaggio industriale i soggetti più frequenti dei suoi lavori di reportage.

Gli edifici presenti in queste aree sembrano mediocri, antiestetici, privi di qualsivoglia importanza ma Basilico mostra attraverso le sue immagini che proprio questi edifici celano una vitalità davvero eccezionale, mostra ciò che con uno sguardo superficiale non potrebbe mai venire portato alla luce.

È proprio questo il suo obiettivo, sfruttare la fotografia per comprendere ciò che ci circonda.

Gabriele Basilico scatta nella maggior parte dei casi con banco ottico e predilige le pellicole in bianco e nero pur non disdegnando di tanto in tanto i colori soprattutto per quanto riguarda i paesaggi.

Lavori e riconoscimenti di Gabriele Basilico

Il primo lavoro che porta Gabriele Basilico al successo risale al 1982 e prende il titolo di “Ritratti di fabbriche”, un vero e proprio reportage sulle fabbriche di Milano.

La notorietà che questo suo primo lavoro gli offre è talmente grande che Basilico viene chiamato a partecipare come unico fotografo italiano alla Mission Photographique de la DATAR, la più importante campagna fotografica mai realizzata in Europa nel XX secolo.

Negli anni successivi Gabriele Basilico porta avanti numerosi lavori su commissione ma anche molti progetti personali, lavori che vengono pubblicati tutti in libri oggi diventati dei classici come “Italia &France”, “Bord de Mer”, “Porti di Mare”, “Paesaggi di Viaggi”, “Scambi”, “L’ esperienza dei luoghi” e ovviamente i due famosi lavori sulla città di Beirut distrutta dalla guerra.

In seguito alla pubblicazione di questi lavori, Basilico focalizza di nuovo la sua attenzione sull’Italia e su Milano.

Tra i premi più importanti attribuiti a Basilico dobbiamo ricordare il Prix Mois de la Photo a Parigi (1990), il premio Osella d’Oro (1996) per la fotografia di architettura contemporanea, il premio offerto dall’Istituto Nazionale di Urbanistica per il contributo che Basilico ha dato alla documentazione dello spazio urbano contemporaneo (2000), il premio PhotoEspaña per il migliori libro fotografico dell’anno (2002) e il premio per la fotografia di architettura della Fondazione Astroc di Madrid (2007).

La fotografia secondo Gabriele Basilico, strumento di percezione e conoscenza

Gabriele Basilico non è un fotografo che cattura nel modo più veloce possibile una scena che si para dinanzi ai suoi occhi, ma può essere considerato il fotografo della lentezza che attende tranquillo di avere lo scatto perfetto su una scena in modo da riuscire ad andare al di là della superficie delle cose ed osservare quel qualcosa in più che rende il mondo molto più interessante.

Le sue fotografie alle industrie devono essere considerate, quindi, come dei veri e propri ritratti che mirano a dare una profondità maggiore allo sguardo umano troppo preso dalla velocità e dal caos per rendersi conto degli elementi davvero importanti del mondo che ci circonda.

Gabriele Basilico si muove, insomma, nello spazio come se fosse qualcosa che deve essere conquistato, qualcosa che deve essere compreso appieno e che solo allora può anche essere designato.

La fotografia diventa allora un modo per appropriarsi del mondo che ci circonda, un modo dopotutto per comprendere davvero quel contenitore in cui continuamente ci muoviamo.

Ecco che la fotografia diventa quindi esperienza di vita.

Basilico a Beirut: un” non luogo” in trasformazione

La fotografia non è solo uno strumento di comprensione dello spazio ma anche un modo per comprendere il tempo. Sono esemplificative a questo riguardo le immagini del lavoro su Beirut.

Gabriele Basilico immortala uno spazio che è stato devastato dalla guerra ma che è pronto a rinascere.

Si tratta di un non luogo, un luogo cioè che non vive più e che ha perso la propria identità, ma anche di un luogo che si sta per trasformare e in cui c’è il germe della speranza.

Si tratta di un luogo in transizione, insomma, e in via di affermazione.

La fotografia ci aiuta quindi anche a testimoniare il nostro passato, a garantire ai posteri la possibilità di comprendere come un luogo era prima della nostra venuta.

La fotografia, dunque, crea grazie a questa memoria l’identità di un luogo perché la propria identità non è fatta solo del presente ma di molti frammenti che si uniscono tra loro nel grande mosaico della storia passata che si unisce ai pezzi dello sviluppo contemporaneo che un certo luogo sta subendo.


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