La fotografia secondo Andrea Pistolesi
D. Quando e come ha scoperto la fotografia?
R. Gradualmente, prima un ausilio ai miei viaggi, poi la chiave interpretativa di tante situazioni. Direi da metà anni Settanta in poi… Mi definisco un “viaggiatore che fotografa”, molto più vicino alla mia realtà, piuttosto che “un fotografo che viaggia”.
D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte:
R. Non ho mai considerato il mio approccio alla fotografia di natura “artistica”. Da fiorentino ho una visione dell’arte molto alta: penso che oggi ci siano troppe persone che si autodefiniscono “artisti” in giro, per cui penso debba essere il tempo e soprattutto il pubblico, a stabilire se il lavoro creativo di qualcuno è vera arte.
Comunque nel mio caso è stato un graduale passaggio da semplice strumento documentativo a mezzo interpretativo ed espressivo, un processo durato anni.
D. Ricorda la sua prima foto?
R. Ricordo un primo viaggio in Turchia, con una copia russa di una Leica di mio padre. Mi disse “imposta f 11 e 1/125 e andrai bene”. Tornai con tutti negativi bruciati. Era il 1976 e capii che forse avrei dovuto capire meglio.
D. Qual è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
R. Sono autodidatta sia sotto il profilo tecnico che estetico, ma sono uno che legge e studia, che frequenta musei (più che gallerie) e che ha fatto della tecnica una passione. Insomma, credo di aver studiato più teoria di uno studente. Ma credo anche che niente insegni come l’esperienza sul campo e nessuna scuola può darti questo.
D. E quali le sue tappe più significative?
R. L’unico momento che identificherei nel processo di evoluzione continuo è stato quello in cui ho deciso di fare della fotografia la mia professione a tempo pieno, un passo un tantino avventuroso sotto il profilo economico, era il 1985.
D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
R. È la mia principale forma di espressione e interpretazione, credo.
D. E pratici?
R. È il mio lavoro.
D. Fotografa per lavoro o per diletto?
R. Lavoro …lavoro.
Maestri e grandi fotografi per Andrea Pistolesi
D. C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?
R. Tante persone mi hanno aiutato nella mia crescita personale. Una vita professionale è essenzialmente una serie di incontri e scambi umani, se sei fortunato ti fanno crescere, oppure deviare e cedere. Sono stato fortunato ad incontrare amici e colleghi, ricchi di esperienze da trasmettere. Alla fine però si è soli e dipende solo da noi stessi il saper andare avanti. In questo lavoro le spintarelle non hanno vita lunga e la qualità paga ancora.
D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
R. No, direi di no.
D. Per lo stile, ha fatto riferimento a quale grande fotografo mondiale?
R. No, anzi direi che riferirsi a “un grande” maestro sia assolutamente negativo. Occorre una cultura visiva e artistica ampia e di lungo periodo come base su cui far crescere la propria visione ed il proprio linguaggio. L’opposto nasconde il rischio di dover togliere l’influenza di chi ci ha ispirato prima di iniziare il nostro percorso.
D. Chi sono i “grandi” di ogni epoca che ammira di più?
R. Tanti, non tantissimi. Qualche nome? Michelangelo, Caravaggio, El Greco, Turner, Picasso, Chagall, Monet (giacché la cultura visiva nasce ben prima della fotografia) e tra chi fotografava già, Ansel Adams, Edward Weston, Mario Giacomelli, Paolo Monti, Anders Petersen e poi Salgado, McCurry.. ma la lista si allunga troppo..
D. Il preferito in assoluto?
R. Ernst Haas.
Gli scatti di Andrea Pistolesi
D. Cosa le piace fotografare?
R. Come dicevo, sono e resto un viaggiatore che usa la fotografia come strumento di riflessione, interpretazione, analisi. Quindi, tutto ciò che a questo mondo può essere interessante, significativo, in evoluzione, dall’ambiente all’uomo.
D. Qual è il suo soggetto preferito?
R. Ogni autore lascia l’essere umano come il soggetto ultimo della sua evoluzione: è il più complesso, richiede maturità.. sono in quella fase, credo.
D. E il genere?
R. Reportage Socio-Culturale, ma anche l’ambiente urbano fortemente interpretato.
D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura:
R. Sono molto formale, ahimè. Mi porto dentro le radici della prospettiva fiorentina, della perfezione formale da cui riesco a staccarmi con fatica, anche nelle visioni più astratte.
D. Che tipo di luci preferisce?
R. Crepuscolari, notturne o intense e precise (caravaggesche).
D. Quale nuovo genere di fotografia vorrebbe esplorare?
R. Non amo distinguere in “generi”. Cerco di fotografare a modo mio quello che mi viene richiesto o che mi attira.
D. Usa tecniche fotografiche speciali, come il macro?
R. Uso tutte le tecniche (quelle che conosco) necessarie a raggiungere i migliori risultati di uno specifico progetto.
D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se sì, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
R. Raramente uso il bianco/nero, mi considero un fotografo del colore. Oggi il B/N è un effetto cromatico come un altro, essendo la trasformazione di un file digitale, quindi credo dovrebbe essere considerato come tale, senza nessuna preferenza etica rispetto ad altre manipolazioni.
Andrea Pistolesi e il fotoritocco
D. La sua opinione sul fotoritocco:
R. Per me è la riconquista per il fotografo del colore della camera oscura, con grandi orizzonti creativi, quindi: evviva!
D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici al fotoritocco?
R. Se una foto ha scopo giornalistico, quindi di testimonianza documentativa, i limiti dovrebbero essere strettissimi. Al contrario, per foto artistico-interpretative non ci dovrebbero essere limiti, salvo ovviamente quelli del buon gusto e della dichiarazione esplicita di tali intenti.
D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?
R. Perché non dovrebbe esserlo?
D. E per rimuovere elementi di disturbo?
R. Vedi quanto detto per i limiti etici, ovviamente.
D. E aggiungere elementi, cieli oppure oggetti?
R. No, l’aggiunta di elementi è un lavoro di grafica o di illustrazione. La fotografia è scrivere con la luce del momento, altrimenti diventa altro, mi pare.
D. Che software usa per il fotoritocco?
R. Photoshop.
D. Che tipo di interventi fa di solito?
R. Correzioni tonali e cromatiche, cropping marginali. In caso di architetture, correzioni delle distorsioni.
Andrea Pistolesi: RAW, JPG e TIF
D. In che formato scatta di solito?
R. Solo in RAW.
D. Se scatta in RAW, che software usa per aprirle i file?
R. Cature One, principalmente. A volte Lightroom o DXO.
D. Ha mai provato con LightRoom? Se sì, cosa ne pensa?
R. La versione 4 è molto migliorata.
Informazione
D. Legge riviste di fotografia? Se sì, quali?
R. Aperture, PDN.
D. Consulta siti web di fotografia?
R. Raramente.
D. Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?
R. No.
D. Partecipa a workshop o seminari?
R. Come docente.
D. Cosa pensa dei workshop?
R. Se si affrontano con la mente aperta e disposta a correggere le proprie pre-convinzioni, su temi utili e no, aleatori o astratti, con insegnanti seri e corsi ben fatti, possono essere molto utili. In caso contrario possono essere nocivi. Ripeto sempre che la massima utilità per un workshop è insegnare in pochi giorni “quello che non si deve fare”, provare a insegnare l’inverso sarebbe presuntuoso e impossibile.
D. Fa parte di un circolo fotografico?
R. No.
D. E di una associazione del settore?
R. No.
D. Va a fiere e saloni di fotografia?
R. No.
D. Cosa ne pensa, li trova utili?
R. L’informazione tecnica oramai si trova on-line. Quella etica e culturale certo non nei saloni.
Mostre
D. Visita mostre di fotografia?
R. Raramente, solo quelle di autori che mi interessano.
D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?
R. Molte negli anni. L’ultima è stata SES, South East Synopsis, a Pisa nel 2011, in occasione del Premio Pisa per la Fotografia che mi hanno generosamente dato.
D. Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.
R. Sono molto scettico e anche autocritico, sul fenomeno assai abusato delle mostre fotografiche. La cultura delle mostre in genere mi lascia molti dubbi sul loro reale valore. Capisco che, per molti, visitare musei in giro per il mondo sia impossibile, ma l’efficacia del mezzo, penso sia valida solo per iniziative importanti e di grande spessore. Le mostre individuali sono quasi sempre auto-referenziali e non lasciano segni tangibili nella propria crescita.
Andrea Pistolesi e PadPlaces, l’applicazione
D. Lei è stato il primo fotografo al mondo a progettare, realizzare e distribuire un’applicazione per iPad e iPhone dedicata al suo lavoro. Ce ne vuol parlare?
R. PadPlaces è nata da una serie di considerazioni che ritengo oggi siano alla base dell’evoluzione della fotografia. Intanto la possibilità di accedere alle nuove piattaforme di distribuzione mediatica, di decidere
autonomamente stili e contenuti e, non ultimo, di conservare un valore economico, seppur nominale, a contenuti fotografici che il web rischiava di cancellare del tutto. In realtà lo stesso percorso che stanno facendo le grandi pubblicazioni internazionali.
D. Com’è concepita PadPlaces?
R. È una vera e propria piattaforma di pubblicazione per storie fotografiche, non un semplice portfolio. Viene aggiornata regolarmente con le mie ultime produzioni, divise tra storie di viaggio e reportage. Alcune sono a pagamento, altre gratuite, a seconda di interesse e novità. I miei lavori non sono più integralmente visibili sul mio sito web, ma solo attraverso questa app o attraverso le pubblicazioni sui giornali, naturalmente.
Le attrezzature di Andrea Pistolesi
D. Attualmente, quali fotocamere usa?
R. Nikon D800, D4, D3s, aspetto una Leica M digitale finalmente adeguata.
D. E quali obiettivi?
R. Vado dall’ 8mm al 600mm, ma nella mia borsa quotidiana ci sono il 24-70, il 14-24, il 70-200 tutti f2,8, il 24mm e 85mm ambedue f1,4.
D. L’obiettivo che usa più spesso?
R. Il 24-70 f2,8.
D. Quali flash?
R. Non uso quasi mail il flash, però ho un SB800.
D. Quali cavalletti e teste?
R. Gitzo con teste Manfrotto, ma solo quando necessario.
D. Quali altri attrezzature o accessori usa?
R. Attrezzature di medio e grande formato, come Leica e Xpan sono rimaste sugli scaffali insieme alle pellicole: troppo complesso e costoso oramai lavorare con i film.
D. Utilizza filtri? Se sì, quali?
R. No, non ne utilizzo.
D. Quale è stata la sua prima macchina?
R. Olympus OM1.
D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
R. Cerco sempre di avere la miglior qualità offerta dai produttori del momento e mi aggiorno continuamente.
D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se sì, perchè?
R. All’inizio degli anni ‘90 sono passato a Nikon, perché la F4 era una vera rivoluzione per la fotografia. Per esempio l’auto fill-in del flash, il calcolo dell’esposizione e molto altro.
D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
R. Presso negozianti di fiducia, mai on-line.
Andrea Pistolesi e la nostalgia della pellicola
D. Lavora ancora in pellicola?
R. No, troppo costosi e complessi gli sviluppi, con un mercato che non ti concede più i tempi di lavorazione di una volta. E poi, dalla D3X in poi, la macchina digitale ha superato la pellicola.
PRO – Andrea Pistolesi in studio
D. Come è fatto il suo studio fotografico?
R. È un archivio più che uno studio, dove ci sono computer, server, attrezzature e classificatori per le vecchie dia.
D. Dove si trova?
R. Una parte a Firenze e una a Bangkok.
D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?
R. Diversi computer, monitor tarati, tanti hard disk.
Info
- Nome: Andrea
- Cognome: Pistolesi
- Indirizzo: Via del Podestà 78
- Città: Firenze
- Telefoni: 055 2047170
- Email: info@pistolesiphoto.com
- Sito web: http://www.pistolesiphoto.com/
- Sito PadPlaces: http://www.padplaces.com/
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