La fotografia secondo Enrico Martino
D. Quando e come ha scoperto la fotografia?
R. Praticamente da bambino, quando mi hanno regalato una Comet Bencini, che conservo ancora.
D. Ci racconti il suo primo approccio a quest’arte:
R. Francamente non mi sono mai considerato un’artista, tra l’altro secondo me è una parola che bisognerebbe forse maneggiare con più cautela, vista la quantità di “artisti” che ci sono in giro. Per me il percorso è stato piuttosto quello del fotogiornalismo, quindi di un’immagine come mezzo di comunicazione di massa, un mix tra creatività e informazione.
D. Ricorda la sua prima foto?
R. Sinceramente no, ero un ragazzino fotoamatore. Mi ricordo piuttosto le prime immagini di quando mi sono potuto comprare la prima reflex, di un Sud ancora contadino, con in mente le splendide immagini di Franco Pinna nel suo lavoro con Ernesto De Martino.
D. Qual è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
R. Come per molti della mia generazione, ho divorato per anni libri e riviste, a partire da Epoca. Poi c’era l’edizione italiana di Popular Photography diretta da Lanfranco Colombo, che ha aperto una nuova visione del mondo della fotografia in un’Italia ancora molto provinciale.
D. E quali le sue tappe più significative?
R. Se devo individuare un momento, è stata la decisione di abbandonare l’università e partire per il Brasile. Non è stato facile, anche perché allora ero ancora dentro una logica della bella foto e attraverso gli errori sul campo ho capito che l’importante era una buona foto e soprattutto una buona storia.
D. Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
R. Il mio modo di essere, la mia visione del mondo. La sfida più grande é riuscire a trasmettere le mie emozioni. Me ne sono reso conto nei rari momenti in cui mi sono trovato davanti alla scelta di fare altro, è stato come se dovessi decidere di strappare via un pezzo di me.
D. E pratici?
R. È sempre stato il mio lavoro, però ho sempre cercato di ritagliarmi uno spazio di interesse personale, perché sono convinto che non si possa essere fotografi solo in termini lavorativi, devi metterci dentro qualcosa di tuo.
D. Fotografa per lavoro o per diletto?
R. Decisamente per lavoro, anche troppo! Il mio sogno sarebbe quello di prendermi un anno sabbatico, poter fotografare di più per me stesso, indipendentemente da chi poi vedrà quelle foto.
Maestri e grandi fotografi per Enrico Martino
D. C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la sua crescita?
R. Ci sono stati tanti incontri con persone e professioni diverse. Questo è un lavoro in cui gli stimoli possono e devono arrivare nei modi più inaspettati, l’importante è essere sempre aperti.
D. Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
R. No.
D. Per lo stile, ha fatto riferimento a qualche grande fotografo mondiale?
R. No, anche se in alcuni periodi sono stato particolarmente affascinato da qualche grande autore. Penso che sia sbagliato voler imitare qualcuno, bisogna riuscire a trovare una propria strada, anche se ovviamente è impossibile non essere influenzati da chi ci ha preceduto.
D. Chi sono i “grandi” di ogni epoca che ammira di più?
R. Tra i fotografi Eugene Smith, Alex Webb, David Alan Harvey, Robert Frank, William Klein, Josep Koudelka, Tra i pittori, che per un fotografo sono altrettanto importanti, Chagall, Van Gogh, Lautrec, Cimabue, Rembrandt, Goya, Klimt.
D. Il preferito in assoluto?
R. Eugene Smith, anche per la sua coerenza umana.
Gli scatti di Enrico Martino
D. Cosa le piace fotografare?
R. Fondamentalmente sono un nomade più che uno stanziale, forse per questo sono soprattutto un fotografo di viaggio, mi sento a casa in posti decisamente improbabili, però il mio motore non è tanto il viaggio quanto la curiosità di conoscere e raccontare delle storie. Che possono essere ovunque, il mio problema è che mi innamoro facilmente di storie di altri continenti! Stando molto attento a evitare ogni forma di esotismo, che detesto profondamente e che purtroppo tenta spesso giornalisti e riviste di viaggio.
D. Qual è il suo soggetto preferito?
R. Gli esseri umani e le loro storie.
D. E il genere?
R. Il reportage in senso ampio. Raccontare i sincretismi culturali di un mondo in veloce trasformazione mi affascina, che si tratti di mondi tradizionali o delle nuove megalopoli. In America Latina per esempio, ho lavorato molto sulle culture indigene, ero attratto irresistibilmente da un mondo che vedevo letteralmente svanire da un viaggio all’altro. Mi interessa molto anche il reportage sociale, visto che provengo dal mondo dei news magazines, cercando però di raccontare la complessità, evitando certi approcci un po’ da estetica del dolore.
D. Ci racconti il suo concetto di inquadratura:
R. Preferibilmente una visione ampia, un soggetto nel suo contesto, una visione della fotografia che rispetta una composizione in cui la forma mantiene la sua importanza. In fondo ci ho messo tanti anni ad imparare a inquadrare bene!
D. Che tipo di luci preferisce?
R. Decisamente la luce ambiente.
D. Quale nuovo genere di fotografia vorrebbe esplorare?
R. Non parlerei di generi, piuttosto di filoni di interesse. Le storie si possono raccontare in tanti modi, da un po’ di tempo ho anche iniziato a realizzare dei multimedia, trovo molto stimolante utilizzare nuovi linguaggi, mescolare foto e audio per raccontare, può aggiungere una nuova dimensione al racconto fotografico, soprattutto con la crisi del mercato editoriale tradizionale.
https://vimeo.com/channels/storytellerschannel
D. Usa tecniche fotografiche speciali, come il macro?
R. No, anche se il reportage di viaggio è una sorta di contenitore in cui, anche all’interno di un singolo reportage, devi avere buone conoscenze di moltissime tecniche fotografiche. Spesso ti trovi in situazioni fotografiche impreviste da risolvere velocemente sul campo con gli strumenti e le conoscenze che possiedi.
D. Usa il bianco/nero con il digitale? Se sì, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
R. Ho lavorato molti anni con il B/N ma oggi mi sento piuttosto un fotografo a colori. Però non vedo una contrapposizione, si tratta di linguaggi e quindi dipende da cosa voglio raccontare. Uso sia il digitale che l’analogico per il B/N.
Enrico Martino e il fotoritocco
D. La sua opinione sul fotoritocco:
R. Non mi interessa particolarmente, ma non lo demonizzo perché é la camera oscura digitale.
D. Quali sono, secondo lei, i limiti etici al fotoritocco?
R. Dipende dal genere fotografico. Se parliamo di fotogiornalismo, bisogna stare dentro confini molto ben delimitati, per altri generi di fotografia è diverso, anche se oggi troppo spesso il fotoritocco diventa una scorciatoia per trasformare una fotografia mediocre in un’operazione “artistica”. E questo non mi piace, ma soprattutto spesso non funziona.
D. E’ lecito intervenire per migliorare luci e toni di una foto?
R. Direi di sì, senza esagerare, perché soprattutto sul web c’è un’overdose di foto con effetti decisamente oltre il buon gusto.
D. E per rimuovere elementi di disturbo?
R. Come ho detto prima, se si tratta di fotogiornalismo decisamente no. Anche in altri casi resto convinto che una buona foto nasca da una buona inquadratura e che non sia un raw grezzo su cui fare di tutto e di più. In fondo provengo da una generazione in cui le stampe spesso avevano il bordo del fotogramma per dimostrare che non si era tagliato nulla e francamente rimango decisamente perplesso, quando leggo che i molti milioni di pixel di certe macchine fotografiche sono indispensabili per croppare alla grande.
D. E aggiungere elementi, cieli oppure oggetti?
R. Non è più fotografia, diventa grafica.
D. Che software usa per il fotoritocco?
R. Lightroom. Utilizzo anche Aperture, ma solo per i multimedia.
D. Che tipo di interventi fa di solito?
R. Correzioni di luci e temperatura cromatica, qualche piccolo cropping, ma molto raramente. Correzioni delle distorsioni per l’architettura.
Enrico Martino: RAW, JPG e TIF
D. In che formato scatta di solito?
R. Solo RAW.
D. Se scatta in RAW, che software usa per aprirle i file?
R. Capture NX per i nef della Nikon, Lightroom per altri tipi di RAW.
D. Ha mai provato con LightRoom? Cosa ne pensa?
R. Tutto il bene possibile visto che l’ho adottato dalla prima versione beta! Tra l’altro la versione 4 è veramente ottima.
Informazione
D. Legge riviste di fotografia?
R. Mai.
D. Consulta siti web di fotografia?
R. Le Journal de la Photographie, Burn magazine, The British Journal of Photography, The Travel Photographer, PDN
D. Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?
R. No.
D. Partecipa a workshop o seminari?
R. No.
D. Cosa pensa dei workshop?
R. Che possono essere utili se tutti, insegnante e partecipanti, si mettono realmente in gioco e se il workshop è ben strutturato o con un tema concreto e realizzabile sul campo, in pochi giorni.
D. Fa parte di un circolo fotografico?
R. No.
D. E di una associazione del settore?
R. Faccio parte dell’Ordine
dei Giornalisti e di un’associazione di giornalisti di viaggio, la NEOS.
D. Va a fiere e saloni di fotografia?
R. No.
D. Cosa ne pensa, li trova utili?
R. Penso che sul web si possa trovare tutto e meglio sul piano tecnico e sul piano culturale non mi sembra che offrano molto.
Mostre
D. Visita mostre di fotografia?
R. Sì.
D. Quali sono quelle che ha apprezzato di più in assoluto?
R. Quella di Paolo Pellegrin a Forma e Gypsies di Koudelka.
D. Qual è stata l’ultima visitata?
R. La mostra sull’Italia dei fotografi Magnum a Torino.
D. La mostra che vorrebbe vedere?
R. Tante.
D. Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?
R. Molte, personali e collettive. Parecchie sul Messico, soprattutto all’estero (Messico, Argentina, Berlino, Chicago). L’ultima è una collettiva che sta ancora girando: Obscured/ I Luoghi Oscurati, dedicata ai Paesi “difficili” da visitare.
Le attrezzature di Enrico Martino
D. Attualmente, quali fotocamere usa?
R. D3 e D700, F6 e Leica M6 per l’analogico, poi ho anche F4, F100 e Leica M3. Penso di comprare a breve una reflex con funzione movie per i miei multimedia e probabilmente una Fuji della serie X, da utilizzare quando la reflex è troppo invasiva.
D. E quali obiettivi?
R. Sulle reflex dal 14 al 300, soprattutto 14-24, 20-35 (molto compatto, un’ottica come non se ne fanno più), 80-200, il 180 che uso sempre di più per qualità e leggerezza e poi molte ottiche fisse 1.4: 24, 35, 50, 85. Su Leica: 28, 35, 50.
D. L’obiettivo che usa più spesso?
R. 20-35.
D. Quali flash?
R. Nikon usb 800, ma molto raramente.
D. Quali cavalletti e teste?
R. Gitzo con testa Gitzo, raramente.
D. Quali altri attrezzature o accessori usa?
R. Avevo un sistema Hasselblad, ma era talmente inutilizzato che l’ho venduto.
D. Utilizza filtri? Se sì, quali?
R. Con l’analogico usavo molto il polarizzatore, oggi non uso praticamente più filtri, a parte qualche ND per ottenere effetti particolari nei paesaggi.
D. Qual è stata la sua prima macchina?
R. La Comet Bencini di cui parlavo all’inizio. La prima macchina “seria” invece era una Nikon reflex.
D. Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
R. A seconda del lavoro, ma soprattutto del mio modo di esprimermi. Però sono abbastanza minimalista, cerco la qualità migliore, ma non mi interessa allineare ottiche su uno scaffale. Uso quello che mi serve. Un fattore che condiziona sempre di più le mie scelte sono le limitazioni di bagaglio nei viaggi aerei.
D. Ha mai fatto un cambio integrale di marca?
R. No. Preferisco lavorare su macchine che conosco come casa mia.
D. Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
R. Da negozi specializzati di fiducia. Online solo per qualche accessorio che non riesco a trovare.
Enrico Martino e la nostalgia della pellicola
D. Lavora ancora in pellicola?
R. Solo in B/N e molto raramente. Con i tempi editoriali attuali è impossibile e i costi sono troppo elevati, con quei soldi preferisco autofinanziarmi un progetto personale.
D. Con quali corpi macchina?
R. Leica.
D. Quali pellicole usa?
R. Tri X e HP5.
PRO – Enrico Martino in studio
D. Come è fatto il suo studio fotografico?
R. In realtà non è uno studio, è un archivio in cui la maggior parte dello spazio è occupato dalle diapositive e dal materiale di documentazione, libri e riviste.
D. Dove si trova?
R. A Torino.
D. Quali sono le attrezzature specifiche da studio?
R. Computer, monitor tarati e molti hard disk, con una seconda copia conservata ad un altro indirizzo.
Info
- Nome: enrico
- Cognome: martino
- Indirizzo: via Carlo Boucheron 8
- Città: Torino
- Telefoni: 0118122684
- Email: info@enricomartino.com
- Sito web: www.enricomartino.com, http://enricomartino.photoshelter.com/
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